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Morto in auto a 20 anni. La mamma denuncia: i suoi amici non fecero nulla per salvarlo

Liborio Vetrano

«Abbiamo un testimone che dice che i ragazzi non hanno mosso un dito per aiutare nostro figlio, loro pensavano a cosa dire ai carabinieri e alle scarpe costose che indossavano, che stavano per rovinarsi, nel mentre il loro amico era incastrato dentro la macchina. Lo hanno lasciato lì senza pietà, il tasso alcolico del guidatore superava il limite consentito. Nessuno di loro ha pagato per omissione di soccorso, la legge ha deciso di non punire questi ragazzi». Nadia Pisciotta Vetrano, la mamma di Liborio, morto a 20 anni in un incidente stradale, in un colloquio con l’Agi, chiede giustizia per il figlio, quel giovane «buono, altruista e sempre pronto a difendere i più deboli, che amava tanto divertirsi e organizzare delle serate con amici, quelli che lui ha sempre definito come una seconda famiglia».

A supporto della denuncia anche una perizia del medico legale Antonio Galzerano per testimoniare le cause della morte dovuta ad «asfittica meccanica da annegamento», dove si sottolinea che «interventi tempestivi degli altri passeggeri volti al primo soccorso, sollevamento della testa e tentativo di disostruzione delle prime vie aree dal fango (naso e bocca) avrebbero certamente consentito la sopravvivenza del signor Liborio Vetrano, stante al lungo lasso di tempo in cui era ancora vivo (5:15- 6:40), in attesa dei soccorsi avanzati (118)». Nella denuncia pesano le parole di uno degli amici di Liborio: «Una volta usciti dall’abitacolo, ho visto chi guidava l’auto seduto sull'argine del canale disinteressato a prestare soccorso, nonostante sapesse che Liborio fosse ancora all’interno. Nonostante le nostre richieste di aiuto per cercare di tirare fuori Liborio dall’abitacolo, la sua preoccupazione principale era fare un calcolo del suo tasso alcolemico e cosa dichiarare alle forze dell’odine».

Un altro ragazzo del gruppo «anche lui sollecitato dalle nostre richieste di aiuto, era seduto sul cordolo della strada a lamentarsi degli indumenti sporchi di fango, fregandosene delle nostra urla di aiuto. Ancora più gravi sono le false dichiarazioni ufficiali che ha rilasciato ai Carabinieri dicendo di essere entrato all’interno dell’abitacolo per sorreggere la testa di Liborio, per non fargli inalare acqua. Ricordo che dalla prima chiamata effettuata da parte di . ai soccorsi del 118 all’arrivo effettivo sia passato molto più tempo. Se non ci fosse stato tutto i menefreghismo da parte di . Liborio si sarebbe salvato».

Non si dà pace il papà Calogero, che ha presentato la denuncia: «Chiunque fosse passato di lì in quel momento - spiega all’Agi Calogero Vetrano - secondo me sarebbe sceso nel canale e lo avrebbe fatto. Era una cosa semplice da fare, non c'era bisogna di nessun atto di eroismo per salvare una persona, ad esempio andare in apnea; i ragazzi non erano ubriachi o sotto choc, perchè lo choc paralizza, erano lucidi e consapevoli; erano usciti dalla parte posteriore, bastava che rientrassero da quella parte e lo tirassero su, e gli tenessero la testa su per respirare».
«Non smetteremo mai di lottare - conclude mamma Nadia - abbiamo creato un gruppo su Facebook che si chiama «Giustizia per Liborio Vetrano» e siamo in 28 mila persone a chiedere giustizia».

Liborio è morto all’alba del 13 aprile 2019 in seguito ad un tragico incidente nel Reggiano, mentre tornava a casa dopo una serata in discoteca con alcuni amici, suoi coetanei. L’auto sulla quale viaggiava insieme ad altri quattro ragazzi finì fuori strada a pochi chilometri da casa sua, a San Martino di Rio, ribaltandosi in un canale. Due di loro, adesso, spiega l’avvocato della famiglia Antonio Cozza, hanno rilasciato dichiarazioni su come si sarebbero realmente svolti i fatti, dalle quali emerge l’indifferenza degli altri, ai bordi del canale dove l’acqua era alta appena 30 centimetri, per la sorte di chi mancava all’appello. Liborio rimase intrappolato nell’abitacolo, l’unico a non riuscire ad uscire dalla vettura perchè incastrato a testa in giù dalla cintura di sicurezza. Alla guida del mezzo c'era uno dei suoi migliori amici, risultato poi positivo all’alcol test.

Una morte che non può essere dimenticata: sul caso - dopo il patteggiamento del giovane alla guida a 2 anni e 6 mesi, pena sospesa, con patente ritirata per tre anni - sono state di recente aperte altre indagini per il reato di mancata assistenza - art.189 commi 1 e 7 del codice della strada - su denuncia presentata dalla famiglia lo scorso 9 novembre.

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