“Trattatela come una regina”, la frase cult di Alberto Sordi che nel film “I nuovi mostri” (1977, Mario Monicelli, Dino Risi ed Ettore Scola) prefigurava il progressivo sfilacciamento tra generazioni, una corda destinata ad assottigliarsi. Figli sempre più incapsulati nella loro velleitaria modernità, genitori inchiodati al mattone che si unisce al mattone, al sacrificio per la famiglia, al dono naturale che si lascia andare. Ed è corrosivo senso di colpa per Alberto Sordi che alla fine scarica una dolcissima mamma in un ospizio per rimuovere l’ostacolo ingombrante. E lei capisce, accoglie senza avere bisogno di perdonare. Con tanti saluti alla moglie Patrizia che voleva godersi una vacanza spensierata. Un salto in lungo di 44 anni. Ci ritroviamo con i classificati “over 80” ad attendere il nostro turno per i vaccini. C’era chi pensava a una passeggiata ma si accorge di essere circondato da divise della Croce rossa e medici-Batman; qualcuno ha dimenticato i documenti, altri si appoggiano alla stampella e al braccio della figlia o nipote, l’età appare sfumata. Altri ancora cercano parole per sfuggire, almeno per un giorno, alla lenta essiccazione. E c’è chi va contento, «sull’orlo della normalità, come stelle cadenti, nel mare della tranquillità», scriveva Francesco De Gregori. Ma i veri «matti» della canzone siamo noi, tentati da un comodo parcheggio che dia ristoro a rivendicazioni inconfessabili, consentendo di recuperare spazi e tempi futili che altrimenti dovremmo dedicare a quelle vite al tramonto, inermi, rugose e acciaccate. Un tempo forti, ora generose solo negli sguardi e nella pensione. Le hanno chiamate “patologie pregresse”, forse l’espressione più disumana con la quale sono stati numerati i caduti di questa pandemia. I nostri “matti” li abbiamo lasciati soli, indifesi e smarriti di fronte a un destino incomprensibile. Ci siamo fatti scudo con le regole scientifiche, scoprendo dopo mesi che un abbraccio di plastica e un sorriso a distanza potevano rendere meno traumatico il distacco, l’abbandono. Ora anche per loro c’è una speranza. E tocca a noi prenderli sotto braccio e gonfiare il salvagente, seguendo tutte le procedure per la vaccinazione. Non è l’alternativa al rimorso, ma il rispetto della dignità. Se non siamo già “I nuovi mostri”.