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Assembramento, da un anno nei fatti e nelle parole

“Riunione occasionale di persone all’aperto per dimostrazioni o altro” oppure “Affollamento in genere” (Treccani). “Riunione, affollamento disordinato di persone, specialmente in luogo aperto” (Garzanti). “Raggruppamento occasionale di persone in un luogo aperto per manifestazioni, spettacoli, etc”. (Devoto Oli). Il termine assembramento ormai da un anno si è arrampicato sul podio dei più utilizzati, sentiti, letti. Conseguenza diretta di un’emergenza epidemiologica che ha imposto un linguaggio nuovo. Ovviamente, la definizione di ciascun dizionario differisce di pochissimo, anche se da qualche parte ci si imbatte in un’accezione di segno negativo, con riferimenti a “Intenzioni ostili, sospette o sconosciute”. In realtà, proprio questo è il messaggio lanciato all’opinione pubblica, perché oggi assembrarsi equivale a trasgredire le regole, attuare qualcosa di sconveniente e quindi da punire, macchiarsi di un comportamento che abbraccia il secondo significato del termine: “Adunanza di soldati per il combattimento”, in alternativa “Moltitudine di armati”. Infatti, essere insieme nello stesso luogo e nello stesso tempo, oggi, equivale a nuocere impugnando il fucile dell’inosservanza. Ma con i dovuti distinguo: bisogna stare a distanza ovunque, dall’esterno dell’ufficio postale all’interno dei bus, ma non in un ristorante, ad esempio (e senza mascherina). Se quattro amici sono a 80 centimetri di distanza in fila fuori da una banca, il rischio di una multa è concreto, ma a tavola, quasi fianco a fianco, è lecito. A meno che non si prediliga l’assoluto rigore, tale da optare per quattro tavoli diversi o un tavolo da otto. Benvenuti nel virus delle contraddizioni.

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