Nei giorni che riaprono l’album della loggia massonica P2, buco nero della democrazia italiana, epicentro delle trame inconfessabili che hanno governato il nostro paese, Licio Gelli appare come un boy scout, un lupetto avventuriero che oggi ispira quasi tenerezza. L’uomo che sussurrava ai generali e ai politici felloni, coltivando il segreto in un patto inviolabile, non poteva immaginare che a distanza di 40 anni i suoi oscuri intrighi di potere potessero ricomporsi con una sfrontatezza disarmante. Alla luce del sole, con il consenso subalterno dei governi democratici dell’Europa, proni di fronte al regime delle case farmaceutiche che gestiscono la rete dei vaccini. Se non ci fosse stata una giovane e impertinente eurodeputata francese, Manon Aubry, non avremmo avuto la reale percezione della sudditanza che ha piegato il Vecchio Continente agli affari miliardari delle “Big Pharma”. Sono stati 4 memorabili minuti di intervento al parlamento europeo, sotto gli occhi imbarazzati della presidente della commissione, Ursula von der Leyen: «Come ha potuto la Commissione europea accettare di inchinarsi così di fronte alle case farmaceutiche? - Loro hanno stabilito la legge, non c’è chiarezza sui negoziati, sulle trattative, sui prezzi, sulla distribuzione e le responsabilità. Loro decidono». E poi «lo scandalo dei brevetti», negati agli Stati che potrebbero produrre su larga scala, con una campagna vaccinale che singhiozza secondo le logiche imposte dai colossi del farmaco. Così nel mondo ogni giorno centinaia di migliaia di persone crepano di Covid perché il siero della salvezza è nelle mani di un cartello di aziende che aprono o chiudono i rubinetti nel nome del profitto. E pazienza se le perdite da socializzare sono vite umane. Non è ammesso neanche il dubbio su possibili effetti letali del vaccino, la comprensibile paura. Così la morte di due siciliani diventa un irrilevante incidente di percorso che non può insinuare prudenza, approfondimento. C’è il rischio di rallentare la tabella di marcia, prerogativa esclusiva delle case farmaceutiche: «Nessun programma rispettato e per i ritardi nessuna sanzione», ricordava l’eurodeputata francese guardando negli occhi la presidente della Commissione europea: «Che confessione d’impotenza madame Von der Leyen. Non spetta a noi imporre le leggi?». Il progetto ambizioso di Licio Gelli, una regia occulta che orientava le istituzioni pubbliche sui binari degli interessi lobbistici, ha trovato una perfetta simbiosi dopo 40 anni. Come si dice, gli allievi hanno superato il Gran Maestro.