L’Italia su due binari, con undici regioni in arancione e nove in rosso, ma senza escludere l'ipotesi di un allentamento delle misure in quei territori dove i dati dell’epidemia migliorano. La cabina di regia non è stata al momento convocata, ma è sulla base dei dati elaborati settimanalmente dall’Iss, Direzione generale Prevenzione e Regioni che verranno eventualmente valutati la situazione sulla diffusione del contagio, eventuali misure e i tempi necessari. Intanto da oggi si torna ai vecchi colori: in zona rossa ci sono 9 regioni (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta, Campania, Calabria e Puglia), mentre in "zona arancione" torneranno Abruzzo, Basilicata, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Umbria, Trentino Alto Adige, Veneto e le Province autonome di Bolzano e Trento.
E se le cifre saranno confortanti, per l’apertura graduale del Paese sarà imprescindibile infilare una serie di passaggi e - se ci sarà - il provvedimento dovrebbe comunque essere contenuto in una delibera che dovrà poi avere l’ok definitivo dal Consiglio dei Ministri. L’obiettivo è programmare date e stabilire se e chi potrà alzare le serrande dopo il 20 aprile. Prima però il premier Mario Draghi avrà una serie di colloqui e appuntamenti istituzionali: giovedì prossimo ci sarà l’incontro con le Regioni, con il tema del Recovery all’ordine del giorno. I governatori, che vedranno anche il ministro Mariastella Gelmini alla Conferenza Stato-Regioni, chiedono di «fornire prospettive a quei settori chiusi valutando aperture subito dopo il 20 aprile, nel caso di un miglioramento dei dati epidemiologici, per poi permettere da maggio la ripartenza di attività in stand-by da troppo tempo, come le palestre». La proposta, dalla metà del mese, oltre a bare ristoranti è riferita anche per i parrucchieri in zona rossa e i musei.
Primo "tagliando" per il decreto
Oltre al leader della Lega, Matteo Salvini, a spingere per le ripartenze in alcuni territori prima della fine del mese è anche Forza Italia. «Pensiamo che già dopo Pasqua si possa iniziare a ragionare, con tutte le precauzioni del caso, in merito a mirati interventi», spiega il capogruppo di FI alla Camera, Roberto Occhiuto, il quale spera che «già nella settimana tra il 12 e il 18 aprile ci possa essere un primo tagliando di verifica». Stesso auspicio del presidente della Lombardia, Attilio Fontana. Ad essere ottimista è anche il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, che però, cautamente, rimanda per il momento tutto al prossimo mese: «a maggio molte regioni saranno gialle e qualcuna sarà bianca», dice. Ma «dalla metà di aprile dovremmo vedere un progressivo calo dei ricoveri». Al momento i dati dell’ultimo bollettino parlano di 10.680 nuovi contagi nelle ultime 24 ore. Sono invece 296 le vittime in un giorno mentre il tasso di positività sale al 10,4%. Sono 3.737 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, in aumento di 34 unità rispetto a ieri nel saldo giornaliero tra entrate e uscite. Non solo attività commerciali. In quei territori dove potrebbero essere programmate eventuali aperture, tra le ipotesi c'è quella di disporre parallelamente il ritorno alle scuole superiori in presenza al 100%, sulla base del miglioramento dei dati epidemiologici. Al momento il nuovo decreto prevede l'attività didattica in presenza anche in zona rossa fino alla prima media e Dad dalla seconda media alle superiori. In zona arancione, per queste ultime il ritorno tra i banchi è previsto al 50%. E’ stata prorogata invece al 30 aprile la stretta sui viaggi all’estero: chi rientra in Italia dovrà continuare obbligatoriamente a sottoporsi al tampone, sottoporsi alla sorveglianza sanitaria e ad isolamento fiduciario per cinque giorni e al termine dell’isolamento effettuare un altro test. In Europa sarà comunque possibile viaggiare senza motivazioni specifiche così come - dal 7 aprile - anche in Austria, Israele, il Regno Unito e l’Irlanda del Nord.
Si aggiunge in queste ore però un altro episodio che, seppure privo di conseguenze, ha allertato le forze dell’ordine. Dopo la vicenda della molotov contro l’hub vaccinale a Brescia e in precedenza l’incendio al portone dell’Iss avvenuto qualche settimana fa nella Capitale, nel mirino è finito il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Nel primo pomeriggio di oggi due uomini hanno suonato nel Modenese all’abitazione del governatore consegnandogli un pacco di cartone con sopra un foglio con su scritto "Frode Covid", dicendogli, fra le altre cose, che gli ospedali sarebbero vuoti e che si toglie lavoro alle persone. Bonaccini ha immediatamente allertato i carabinieri, lasciando su loro consiglio il pacco fuori casa. I militari hanno avuto modo di verificare il contenuto non pericoloso: cartacce e pannolini sporchi. Sono state adottate misure per rafforzare la sicurezza di Bonaccini e della sua famiglia.
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