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Storia di Malika, rinnegata dalla famiglia perchè omosessuale: "Meglio una figlia drogata"

Malika è una ventiduenne toscana. Si è fidanzata con una ragazza, lo ha confessato ai suoi, lo ha confidato attraverso una lettera. E per questo è stata cacciata da casa tra gli insulti, rinnegata da una famiglia che avrebbe preferito una figlia drogata ad una donna lesbica, nel più classico dei clichè. Le è stato impedito di riavere tutte quelle cose che nella furia di quel giorno di gennaio ha dovuto lasciare in quella che fin lì era stata la sua casa e, neppure quando in quella casa c'è tornata accompagnata dai carabinieri le è stato concesso di riaverle.

Ha raccontato la sua storia in una lunga intervista a Fanpage, nella quale è entrata nel merito dei messaggi minacciosi ricevuti dalla famiglia,  "auguri" di malattia e morte. Da parte dei genitori, condivisi dal fratello. Avrebbe potuto rientrare, ma solo a costo di lasciare il suo amore e non uscire più di casa. E non era nemmeno la prima volta. Era già accaduto tempo fa col calcetto, sport al quale si era appassionata, prima che i suoi la "scoprissero", impedendole a suon di botte di continuare.

Malika, come riporta Fanpage, i suoi genitori li ha denunciati. E intanto si muove tra un luogo e un altro, cercando di sopravvivere con uno stipendio che a malapena le consente di pagare le spese d'affitto. In passato ha tentato di togliersi la vita, di farla finita con quella sua vita. Portata d'urgenza in ospedale, di fronte alla proposta di offrirle sostegno psicologico, la madre si oppose.

"So di non avere fatto niente di male, non mi vergogno per ciò che sono", dice durante l'intervista bagnata di lacrime. "Non c'è niente di male ad amare qualcuno, a prescindere dal sesso o da qualsiasi altro fattore. Nell'amore non ci sarà mai nulla di male. Non sono io a non essere normale, ‘non normale' è picchiare un figlio, è impedirgli di esprimere se stesso liberamente, è maltrattare qualcuno sulla base della sua preferenza sessuale". E insiste: "Io non sento di avere sbagliato qualcosa, però sono a pezzi. Ho 22 anni, e una carezza da mia madre ancora la volevo".

Malika è una ventiduenne italiana, figlia di un paese, probabilmente di un'intera parte di mondo capace d'odio. E, intanto che il ddl Zan aspetta la calendarizzazione in parlamento (osteggiato da chi, come la Lega, sostiene che in realtà "la violenza è già punita dalla legge italiana", mentre con questa norma "si limiterebbe la libertà di pensiero e di espressione di un'ampia fetta della popolazione"), c'è chi, come il giornalista Francesco Lepore, ha lanciato una petizione per accelerarne l'iter. Al di là di ogni retorica.

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