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Covid, cosa si sa della variante tanzaniana, la più mutata del virus, gli esperti la studiano

La variante del Sars-CoV-2 «più mutata» è stata rilevata in Tanzania. Si tratta della versione del nuovo coronavirus più diversa da quella originale rilevata a Wuhan, rispetto a qualsiasi altro ceppo noto fin ad oggi, comprese le varianti britannica, sudafricana e indiana. La variante tanzaniana «supermutata» è stata rilevata la prima volta in tre viaggiatori testati in un aeroporto in Angola, dopo esser arrivati dalla Tanziania a metà febbraio. Gli autori dello studio, pubblicato su un server di pre-stampa, quindi non sottoposto ancora a revisione paritaria, sono un gruppo di ricercatori dell’Università del KwaZulu-Natal a Durban, in Sud Africa; il Ministero della Salute dell’Angola; i Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie; e le università di Rio de Janeiro, Oxford e Cape Town. Dopo l’analisi dei campioni, i ricercatori hanno scoperto che il virus aveva 34 mutazioni, 14 delle quali erano sulla proteina «spike», quella che il virus utilizza per attaccarsi alle cellule umane e causare la malattia. Per fare un confronto, la variante inglese ha 17 mutazioni genetiche significative, di cui 8 sulla spike. Il ceppo sudafricano ne ha ancora meno.

 

«Se confrontata con altre varianti preoccupanti e di interesse, questa è la più divergente», dichiara Tulio de Oliveira, che ha scoperto la variante. Lo scienziato ha descritto il ceppo, noto come A.VOI.V2 come «il lignaggio A più diversificato mai descritto». Un lignaggio A è un discendente diretto del ceppo originale del virus. Questo confronto non include le varianti del Kent e del Sud Africa, tuttavia, che sono linee B, quelle che risalgono a un ceppo diverso che è diventato dominante in Europa la scorsa estate. Non si sa abbastanza della variante tanzaniana da consentire agli scienziati di decidere se sia più pericolosa di quelle esistenti. Ed è impossibile sapere quanto sia diffuso perché nell’Africa Subsahariana non vengono effettuati test e campionamenti genetici sufficienti. Tulio de Oliveira ha detto che A.VOI.V2 era «potenzialmente di interesse» semplicemente per il numero di mutazioni che ha.

Perché la variante tanzaniana preoccupa

Il motivo per cui un gran numero di mutazioni è preoccupante è per la possibilità che i vaccini non funzionino o più e per il rischio re-infezione. Alcune delle mutazioni rilevata nella variante della Tanzania sono le stesse di quelle trovate in altri ceppi. Una chiamato E484K, ad esempio, si trova nelle varianti sudafricane e brasiliane e si pensa che aiuti il virus a superare l’immunità dei vaccini attuali. Altre mutazioni non erano state viste prima. Trentuno delle mutazioni riguardano un amminoacido nella sua sequenza genetica che ne ha sostituito un altro. Le restanti tre mutazioni riguardano la completa sparizione di un amminoacido: una delezione. Nel documento, i ricercatori hanno suggerito che la variante della Tanzania potrebbe essere resistente «agli anticorpi neutralizzanti e potenzialmente più trasmissibile». «Sebbene abbiamo rilevato solo tre casi con questa nuova variante di interesse, è richiesta un’indagine urgente poiché il paese di origine ha un’epidemia in gran parte priva di documenti e poche misure di salute pubblica in atto per prevenire la diffusione all’interno e all’esterno del paese», dicono i ricercatori. La vera dimensione dell’epidemia della Tanzania è sconosciuta, ma l’Organizzazione mondiale della sanità ha registrato 24.518 casi confermati e 563 decessi.

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