La cosiddetta vaccinazione eterologa ha avuto oggi il via libera ufficiale dal Comitato tecnico scientifico: i soggetti sotto i 60 anni che hanno avuto una prima dose con il vaccino AstraZeneca (AZ), effettueranno cioè la seconda dose con un vaccino diverso a mRna, ovvero Pfizer o Moderna, ma gli esperti sono divisi sull'opportunità di adottare il 'mix' di vaccini. E se alcuni si dicono favorevoli, altri sottolineano come siano pochi i dati scientifici a sostegno di tale approccio. Parla di una soluzione «ottimale» Guido Rasi, ex direttore generale dell’Agenzia europea dei medicinali Ema e attualmente consulente del commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo. In questo modo, spiega, «si tolgono elementi di rischio e si aggiungono elementi di flessibilità alla campagna vaccinale». Da un punto di vista teorico dell’immunologia, sottolinea, «tale approccio è positivo, perché se il sistema immunitario riceve stimoli diversi per una stessa malattia, dunque da vaccini diversi, ci si aspetta che risponda in maniera ancora più efficace». Inoltre, «va considerato che Germania, Spagna, Francia e anche la Gran Bretagna hanno già adottato la vaccinazione eterologa, quindi l’Italia non sarebbe la sola ad intraprendere questo approccio». È vero d’altro canto, precisa, "che i dati scientifici pubblicati in merito sono pochi, ma dal punto di vista teorico la vaccinazione eterologa dovrebbe essere efficace». Favorevole al "mix" per le seconde dosi anche Roberto Cauda, direttore dell’Unità di malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma, secondo cui «la vaccinazione con la seconda dose di AZ ad oggi non ha mostrato rischi particolari, ma in una logica di massima prudenza va bene la scelta del 'mix' al di sotto dei 60 anni», fascia di età nella quale si sono registrati gli eventi rari di trombosi atipiche. Il 'mix' dovrebbe funzionare poiché «sia il dna sia l’rna utilizzati dai diversi vaccini sono tutti diretti verso la proteina Spike del virus SarsCov2. Quindi - afferma - non c'è una particolare diversità e la sollecitazione della risposta anticorpale dovrebbe essere garantita anche dal 'mix', come indicano alcuni studi preliminari anche se va detto che non ci sono numerosi dati pubblicati». La decisione del Cts rappresenta invece «un elemento di rassicurazione per minimizzare anche il più piccolo e residuale rischio esistente rispetto al vaccino AZ» secondo il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco. Si tratta cioè, sostiene, di una «decisione politico-tecnica per rassicurare l’opinione pubblica: non vedo problematiche nell’effettuare la seconda dose con lo stesso AZ poiché il rischio è davvero minimale - spiega -. Tuttavia, per un atteggiamento di massima prudenza e per minimizzare anche il sia pur minimo rischio residuale, ritengo si possa comunque procedere con l’approccio del mix». Sul fronte opposto è invece Massimo Andreoni, direttore di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. «Ho forti dubbi sull'opportunità di estendere la vaccinazione eterologa all’intera platea degli under-60 e penso - afferma - che l’esigenza di mescolare i vaccini si ponga solo per i soggetti che alla prima vaccinazione con AZ abbiano avuto rilevanti disturbi neurologici. Farlo in modo indiscriminato a tutti penso sia una esagerazione». «È chiaro - precisa - che si sta vivendo una situazione di particolare tensione e bisogna dare delle risposte tranquillizzanti alle persone. È però anche vero che i dati evidenziano come i rari episodi trombotici non siano rilevati dopo la seconda dose di AZ e bisogna tenere presente che la modifica della scheda vaccinale con un mescolamento di vaccini ha ad oggi una sperimentazione modestissima solo su pochi casi». Se «è vero che potenzialmente la stimolazione anticorpale con due diversi vaccini dovrebbe funzionare - rileva ancora Andreoni - dobbiamo però non correre il rischio di inseguire nuove strategie che non siano state completamente dimostrate». Insomma, conclude, «capisco le esigenze delle istituzioni di tranquillizzare rispetto all’utilizzo del vaccino AZ, ma il rischio è ora rovinare il lavoro fatto e rallentare eccessivamente la campagna vaccinale».