Oltre due milioni di famiglie in povertà assoluta per 5,6 milioni di persone tra le quali oltre 1,3 milioni di bambini e ragazzi con meno di 18 anni: nel suo Rapporto sulla povertà l’Istat fotografa nel 2020 una situazione in forte peggioramento rispetto al 2019 a causa della pandemia, con una crescita delle persone in difficoltà sull'anno precedente che supera il milione e un record negativo per quanto riguarda le famiglie povere dal 2005, anno di inizio delle serie storiche. Cresce il disagio economico soprattutto nelle regioni del Nord a causa del dilagare del contagio e delle restrizioni decise dal Governo in un’area nella quale comunque c'è un alto livello di occupazione e il costo della vita è più alto che nelle altre aree del Paese.
La soglia di povertà
La soglia della povertà assoluta, infatti, è legata sia alla composizione della famiglia sia al luogo di residenza e va da un minimo di 569,96 euro per un adulto (18-59 anni) residente in un piccolo comune del Sud a un massimo di 1.970,27 euro per una famiglia di cinque componenti con tre minori residente al centro di un’area metropolitana del Nord. E se la povertà è aumentata nonostante il reddito di cittadinanza e gli interventi messi in campo dal Governo (dalle indennità covid al reddito di emergenza passando per la cassa integrazione e i fondi di solidarietà ) è pur vero che - segnala l'Istat - questi hanno limitato l’impatto della crisi sulle famiglie con un calo dell’intensità di povertà. Il tasso delle famiglie in povertà assoluta è passato dal 6,4% del 2019 (anno nel quale è stato introdotto il Reddito di cittadinanza) al 7,7% del 2020 con 2.007.000 famiglie in difficoltà, 333.000 in più rispetto a un anno prima. Gli individui nel complesso in povertà assoluta sono 5,6 milioni, pari al 9,4% del totale (dal 7,7% del 2019). Le famiglie sotto la soglia della povertà relativa sono 2,6 milioni, l’11,4% del totale). Sono in povertà assoluta 1,3 milioni di minori con una percentuale del 13,5% del totale (rispetto al 9,4% degli individui in generale) e in crescita di oltre due punti sull'anno precedente, aumento superiore a quello dell’intera popolazione. L’Istat segnala come la povertà familiare sia cresciuta soprattutto al Nord (dal 5,8% al 7,6%), anche se l'incidenza complessiva si conferma più alta nel Mezzogiorno, con una crescita di 1,8 punti a fronte dell’aumento di 1,3 punti nel complesso. L’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: è infatti al 20,5% tra quelle con cinque e più componenti e all’11,2% tra quelle con quattro e si attesta invece attorno all’8,5% se si è in tre in famiglia. L’incidenza della povertà cresce per le famiglie che vivono in affitto: le famiglie che pagano una pigione sono il 18,3% delle famiglie residenti ma sono il 43,1% di tutte le famiglie povere( 866.000 nuclei).
Sindacati preoccupati
I dati sulla povertà sono stati commentati con preoccupazione dai sindacati che sono tornati a chiedere al Governo la proroga del blocco dei licenziamenti almeno fino a ottobre. «La povertà aumenta perché si è poveri anche lavorando», afferma il numero uno della Cgil, Maurizio Landini stigmatizzando «le troppe forme di lavoro precario». Nel 2020 è aumentata la povertà di chi lavora anche a causa del massiccio uso della cassa integrazione (che riduce le buste paga) nel lavoro dipendente e delle chiusure per chi fa un lavoro indipendente. Di dati «allarmanti» parla il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra mentre Bombardieri chiede al Governo di "agire» di fronte alla disuguaglianze che aumentano. Infine la sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra chiede di rivedere il reddito di cittadinanza per correggere il peso, oggi insufficiente, che hanno i minori nel nucleo familiare e i criteri per la concessione agli stranieri che nel 2020 avevano il 29,3% delle famiglie in povertà assoluta. (ANSA).