In arrivo da domani anche in Italia nuovi test in grado di riconoscere la variante Delta (nota come "indiana") del coronavirus SarsCoV2. Rispetto a quelli attualmente utilizzati per la diagnosi, non cercano le mutazioni nella proteina in cui queste si concentrano maggiormente, ossia la Spike utilizzata dal virus per invadere le cellule, ma cercano una mutazione chiamata N501Y, presente in tutte le principali varianti finora note tranne che nella Delta, in particolare la B.1.671.2, che è la più diffusa delle tre varianti identificate in India. «Servono nuovi criteri di analisi dei tamponi con un’alta carica virale per riuscire a individuare la variante Delta», osserva il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca e e direttore del laboratorio Cerba di Milano. L’appello del virologo è a» modificare quanto prima i criteri per lo screening e ad aggiornare i test per la ricerca delle varianti che destano preoccupazioni». Al momento, prosegue, «non abbiamo un monitoraggio della circolazione di questa variante, contrariamente a quanto avviene in Gran Bretagna, dove è attivo un programma nazionale per il sequenziamento» e «la procedura attuale consiste nel fare il tampone con test non aggiornati sull'attuale quadro epidemiologico italiano, che prevede la presenza della variante Alfa nel 95% dei tamponi positivi». Il nuovo test in arrivo permette invece di rilevare la mutazione N501Y, che è presente nella variante Alfa (B.1.1.7) identificata per la prima volta in Gran Bretagna, nella Beta (B.1.351) identificata in Sudafrica e nella Gamma (P.1) identificata in Brasile. Questo primo screening «è necessario», secondo il virologo, in quanto «l'assenza della mutazione N501Y in un tampone positivo farebbe immediatamente scattare il nuovo algoritmo diagnostico, che potrebbe prevedere l’immediata ricerca della variante Delta». Questo, prosegue l’esperto, sarebbe possibile grazie a un «test di cattura delle varianti che potrebbe rilevare mutazioni specifiche della variante Delta, come la L452R, ma anche delle varianti Beta e Gamma, come K417N e E484K, che sono note sfuggire, almeno parzialmente, ai vaccini dopo la prima dose e in alcuni casi dopo la seconda». I nuovi test per la diagnosi delle varianti si annunciano come uno strumento che può dare un contributo importante per ottenere una stima delle varianti del virus SarsCoV2 in circolazione soprattutto, rileva, «in un contesto in cui soltanto poco più di un quarto della popolazione è stata vaccinata con la doppia dose, è necessario fare un monitoraggio stretto della variante Delta e di altre varianti pericolose. I vaccini - conclude - non sono l’unica soluzione».