E’ da licenziare il bidello che non fa le pulizie a scuola. Lo dice la Corte di Cassazione che si è pronunciata il 21 giugno sul ricorso presentato da C.G. contro le sentenze del Tribunale di Bergamo prima, e della Corte d’Appello di Brescia poi, che avevano respinto la sua impugnazione contro il licenziamento intimato dal Ministero dell’Istruzione.
La linea di difesa
Professori e studenti avevano segnalato la mancata pulizia delle classi e delle aule comuni ma lui si era difeso – è scritto nella sentenza letta dall’AGI - sostenendo di non avere agito “in modo intenzionale” perché riteneva che le pulizie non fossero “di sua competenza” dovendosi occupare solo “dell’accoglienza e della sorveglianza degli alunni e del pubblico e della custodia dei locali scolastici” in base alle norme che disciplinano il settore.
"Rifiuto reiterato e ingiustificato"
Ma per la Cassazione, la Corte d’Appello aveva ragione nel sostenere che “il rifiuto della prestazione era reiterato e assolutamente ingiustificato” e rappresentava “una violazione grave, influente sull’organizzazione dell’attività del plesso scolastico”.
I compiti dell’operatore scolastico, sottolineano gli ‘ermellini’, erano peraltro “quelli di minore impegno: spazzare il pavimento, spolverare e pulire i banchi di sole quattro aule”. Il lavoratore, inoltre, "era già stato colpito da vari rimproveri scritti senza risultato" e anzi si era "convinto ancor più della bontà della sua posizione" e aveva minacciato chi gli faceva notare la sua poca operosità di una denuncia per mobbing.
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