«Sono arrabbiato e sconcertato per il ritorno dei Talebani. E ho molta paura per ciò che accadrà al mio paese quando le telecamere si spegneranno». Aveva dieci anni quando, a piedi, è fuggito dall'Afghanistan. Dall'Iran alla Turchia, dalla Grecia al Mediterraneo, un viaggio disperato che l'ha condotto a Torino, la città che l'ha accolto. Qui si è laureato e lavora in una società che collabora con l'Università. Il suo nome è Enaiatollah Akbari, la sua storia è al centro di due libri - “Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari” e “Storia di un figlio. Andata e ritorno” - scritti con Fabio Geda e pubblicati da Baldini+Castoldi, bestseller amatissimi dai lettori di tutte le età per rivivere il suo dramma personale, a lieto fine. Enaiatollah Akbari oggi ha 32 anni e non ha mai dimenticato il suo Paese. Oggi, mentre i Talebani tornano al potere, cancellando i diritti civili, seminando morte e instaurando la Sharia, la sua voce sconcertata e rotta dal dolore, è un monito. Nessuno può dirsi salvo se non lo siamo tutti. Una lezione che la storia ci impone e che si ripete tristemente ad ogni conflitto. Enaiatollah, la tua famiglia è al sicuro? «Mia sorella vive in Pakistan e mio fratello in Australia. Ma in Afghanistan vivono i miei cugini, gli zii, i suoceri, la famiglia di mia moglie. Sono molto preoccupato per quello che accadrà quando le telecamere si spegneranno». Cosa sta succedendo? «I Talebani hanno delle liste. Passano casa per casa, cercano le persone che hanno collaborato con l'Occidente. Non vanno a caccia solo dei poliziotti ma anche degli insegnanti, chiunque abbia percepito uno stipendio dallo Stato per loro è un nemico. Li prendono, li torturano e li fucilano». Oggi tutti parlano del tuo Paese. Temi che i media possano stufarsi? «Temo che possa accadere. Oggi tutti ne parlano, ci sono i giornali e le telecamere ma domani? Quando le telecamere si spegneranno, la violenza sarà ancora più dura per la gente. È già successo dopo il 2001 e ora, eccoci ancora a parlare dei Talebani». Il presidente Joe Biden ha ritirato le truppe dal 2001. Cosa ne pensi? «La mia etnia, gli Hazara, è sempre stata perseguitata. Nel mio villaggio, quando ero un bambino, su 100 abitanti solo in 2 sapevano leggere e scrivere. Con l'arrivo degli occidentali chi è nato dopo il 2004 ora sa leggere e scrivere grazie alla diffusione della scuola. È un bellissimo risultato, che si aggiunge alla presenza delle donne nel parlamento e in politica. Ma questa generazione figlia della penna e della cultura non ha avuto il tempo di impegnarsi per il proprio Paese e questo mi fa tanto male». Talebani significa “studenti delle scuole coraniche in area iranica”. Ciò significa che esprimono una visione dell'Islam? «Oggi non ha alcun senso rifarsi ai testi di Maometto di 1300 anni fa, imponendo di imparare i versetti del Corano a memoria, senza capirne il significato. Come si può pensare di governare un Paese senza alcuna relazione con l'esterno, senza il concetto di laicità, senza alcuna libertà civile. Chi la pensa diversamente per loro è un nemico da uccidere», dice mentre la sua voce si incrina. Chi li finanzia? «Il Paese stesso in cui è nato l'Islam, l'Arabia Saudita. Ho avuto la fortuna di avere una mamma e un nonno che erano musulmani perfetti, per cui so che esiste un lato buono dell'Islam, ma se un bambino cresce nutrito dall'odio in un campo di addestramento, che futuro potrà mai avere?». Vivere sotto la Sharia che cosa significa? «La Sharia è una libera interpretazione di ogni studente del Corano, un giudizio arbitrario e senza appello. Un esempio? Se esco di casa con una maglietta a manica corte, verrò frustrato. La donna deve coprirsi i capelli ma se un ciuffo sfugge, verrà umiliata, picchiata, persino assassinata. I Talebani hanno detto che concedono alle donne la libertà di uscire di casa e di terminare i propri studi, dopodiché, dovranno servire l'uomo perché per loro non c'è alcun posto nella società civile. Vi rendete conto? Vivere sotto la Sharia significa dover vivere senza il gioco, senza l'allegria, senza la possibilità di sorridere. Significa il terrore». Com'è il tuo rapporto con l'Occidente? «Io amo la democrazia, non mi sono venduto all'Occidente. Con il tempo ho capito l'importanza dei diritti e che ogni individuo può cambiare la sorte del proprio Paese. La democrazia ha tanti difetti ma ci permette di avere una voce. E oggi l'Afghanistan tornerà al Medioevo». È sconvolgente il fatto che molti talebani siano giovanissimi... «Proprio così! Migliaia di giovani, nati nell'entroterra rurale, sono stati lasciati fuori dai progetti governativi e sono stati arruolati con facilità, proprio grazie al malgoverno afghano che li ha dimenticati. Ma è stato l'Occidente ad alimentare la corruzione, versando milioni per convincere i pashtun a non avanzare, portando avanti fantocci politici e non la vera voce del popolo. La conseguenza è che la gente non aveva alcuna fiducia nel presidente Ghani, un uomo corrotto, un ladro che è scappato con milioni di dollari. Ghani è un serpente, un demonio, il popolo sapeva benissimo che la sua elezione è stata truccata, voluta da John Kerry, l'ex segretario americano sotto Obama». Cosa succederà ai profughi afghani? «Questo è un punto dolente. La politica spingerà per costruire campi profughi in Pakistan e Iran ma pensate a cosa accade con la Turchia che ricatta l'Ue a suon di milioni con i profughi siriani. Ci sarà un esodo dalla Sharia e durerà anni. Sono persone, non possiamo dimenticarcene». Cosa deve fare l'Occidente? «Non dovrebbe riconoscere il governo unilaterale dei Talebani. Deve imporre un ruolo delle donne all'interno del governo, coinvolgerle nella società civile, senza lasciare mano libera alla violenza». Cosa temi che possa succedere? «Ho paura che possa esplodere la guerra civile. Ci sono state proteste molto belle e civili ma avete visto le immagini dell'aeroporto militare, la disperazione delle madri e gli spari in aria. Alla fine, ci rimette sempre la povera gente».