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Stadio Scoglio, fallimento conclamato. E' il tempo del mea culpa di De Luca

Ci sarebbero tante attenuanti: il campionato che si è protratto sino al 10 luglio, con lo stadio occupato dalla finale playoff (del tutto inutile visto come è andata a finire per l’Fc); la ristrettezza dei tempi per realizzare gli interventi necessari dopo anni di incuria, peraltro col mese di agosto di mezzo; il periodo Covid che rende vischiosa qualsiasi procedura burocratica e rallenta le consegne dei due macchinari che devono arrivare dalla Cina; la sfortuna che ha piazzato alla prima giornata casalinga l’attesissimo derby col Palermo (probabilmente la ferita non sanguinerebbe così se a giocarsi altrove fosse il match col Picerno).
Ma la verità è una sola e tutte queste attenuanti si sciolgono come neve al sole davanti al palese fallimento della gestione dello sport in questa città, all’inadeguatezza della classe politica e dirigenziale di Palazzo Zanca che spesso sconfina nella connivenza.
L’atteso ritorno del Messina tra i professionisti davanti ai propri tifosi – che peraltro sarebbe stato bagnato col derby contro il Palermo – non vedrà il suo scenario naturale, lo stadio Scoglio, ma un prato verde in Calabria: è la sconfitta di tutti. Ma se è vero che l’Acr Messina non è esente da colpe (chi aveva la gestione dello stadio e chi lo ha riconsegnato in queste condizioni?), Palazzo Zanca ha la responsabilità cristallizzata di questo fallimento. Che nasce da lontano – è bene dirlo – e non ha radici nelle ultime settimane.
Ha origine in un approccio dell’Amministrazione De Luca assolutamente inadeguato e insufficiente nei confronti del mondo dello sport sin dall’insediamento: atti di indirizzo a cui però non hanno mai fatto seguito fatti concreti. E poi gli omessi controlli. La svolta nella gestione degli impianti è rimasta solo sulla carta e si è andati avanti con una matrice comune: l’approssimazione (anche dei dirigenti). Culminata con la paradossale – per non dire tragicomicavicenda del bando di gara dello stadio “Scoglio”: partorito con la certezza e la presunzione di poter attirare gli investitori stranieri (sic!) ed evaporato al cospetto di una sola offerta, peraltro alla fine ritenuta “inadeguata” (con tanto di ricorso al Tar). In sostanza quasi un anno di iter (il no all’aggiudicazione è arrivato il 25 giugno, bloccando di fatto anche gli interventi) e alla fine – come nel gioco dell’oca – si è tornati al punto di partenza. Non reggono le sfuriate e le giustificazioni di De Luca che più volte ha puntato l’indice su quelli che c’erano prima. Vero è che i nodi degli impianti sportivi risalgono a tanti anni fa ma la sua Amministrazione nulla ha fatto per invertire la rotta: lo “Scoglio” è stato vandalizzato anche negli ultimi 3 anni, le società a cui è stato affidato hanno fatto il bello e il cattivo tempo senza risponderne, alcuni soggetti occupano gli impianti sportivi senza averne titolo. E a Palazzo Zanca tutto questo non sembra interessare. Chi doveva controllare? È il tempo del mea culpa del sindaco De Luca.

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