“Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”.
Era il 10 gennaio del 1991. L’imprenditore Libero Grassi, attraverso una lettera inviata al Giornale di Sicilia alzava la testa contro la mafia, ribellandosi apertamente alla violenza di Cosa nostra. Un atto rivoluzionario in una Sicilia in cui pochi imprenditori avevano il coraggio di denunciare il racket. Un coraggio che Grassi pagherà con la propria vita qualche mese dopo; il 29 agosto infatti, alle sette e mezza del mattino, in una Palermo ancora avvolta dalla calura estiva, mentre a piedi si stava recando al lavoro viene affrontato da un killer che gli scarica 4 colpi di pistola uccidendolo. Cosa nostra in questo modo punirà chi, apertamente e pubblicamente, aveva avuto l’ardire di ribellarsi, di tentare di liberarsi dal cappio stretto attorno alle aziende siciliane.
L'omaggio della Rai
Una rivoluzione per la coscienza antimafia di quel tempo, un “pericoloso” esempio di legalità e impegno civile a cui la mafia vigliaccamente rispose nell’unico modo che ha sempre conosciuto: l’omicidio.
Un sacrificio e un esempio al quale Rai Cultura rende omaggio con lo speciale “Libero Grassi”, in onda oggi alle 19.30 su Rai Storia. Il ricordo del figlio, Davide Grassi, la testimonianza di impegno della moglie, Pina Maisano, scomparsa nel 2016, e anche le tante associazioni antiracket sorte negli ultimi anni in Sicilia hanno portato Libero Grassi a essere un punto di riferimento ancora oggi.
Le manifestazioni a Palermo
E oggi, in vari punti della città, in occasione del XXX anniversario della morte, Addiopizzo e la famiglia dell’imprenditore assassinato da Cosa Nostra promuovono una giornata di iniziative. «La lettera di Libero Grassi ai suoi estorsori, il suo coraggio, le sue parole e la sua morte hanno segnato un momento di svolta e di rinascita delle imprese siciliane e non solo – afferma Vittorio Messina, presidente di Confesercenti Sicilia –. Grassi ha segnato una svolta perché ha dato voce alla sofferenza di tanti e ha spinto la politica ad assumere iniziative a sostegno di chi denuncia. Le operazioni delle forze dell’ordine ci dicono che da allora tanto è cambiato ma anche, purtroppo, che molti continuano a non collaborare per paura e che la pandemia ha messo a rischio usura tante imprese.
Le testimonianze
«Libero Grassi – aggiunge la presidente di Confesercenti Palermo, Francesca Costa – rappresenta la Palermo migliore. La Palermo che in tempi ben più difficili di oggi ha creduto e lavorato per una città diversa, rigenerata nella sua anima sociale ed economica». E sulla fondamentale esigenza oggi di rilanciare e rinnovare l’impegno antiracket interviene con una nota la rete nazionale “Sos Impresa Rete per la Legalità Aps”. «In questi trent’anni sono cambiate molte cose, anche le strategie criminali di penetrazione nel tessuto economico del nostro Paese che, con la pandemia, si sono rafforzare e diffuse ancora di più – dichiara Luigi Cuomo, presidente nazionale –. Sull’esempio di Libero Grassi oggi è necessario rilanciare, con coraggio e determinazione, un rinnovato “no” al racket, alla corruzione e alle varie mafie puntando principalmente sull’unità e sul rinnovamento del movimento antiracket in tutta Italia».
«La scelta di Libero Grassi di pubblicare il 10 gennaio del 1991 sul Giornale di Sicilia la lettera con la quale si rivolse direttamente ai suoi estortori, – afferma Giuseppe Scandurra, vice presidente nazionale –, ancora oggi è da monito per quanti subiscono passivamente la sottomissione mafiosa senza ribellarsi o collaborare con le Forze dell’ordine e la magistratura che, con il contributo della collaborazione delle vittime, possono arginare ancora più efficacemente l’arroganza e la violenza estorsiva delle famiglie mafiose, liberando pezzi importanti di economia dal condizionamento e dalla infiltrazione criminale».
«Libero Grassi era un temerario della legalità, un tranquillo rivoluzionario, un uomo onesto fino alla intransigenza – dice il presidente della Regione Nello Musumeci –. Il suo, come quello di tanti siciliani coraggiosi che hanno contrastato le mafie, è stato un omicidio annunciato, plateale, la punizione riservata a chi si ribella e sfida. La lotta al racket del pizzo, odioso ricatto degli estortori che cessa soltanto con la denuncia o con il fallimento delle aziende, in Sicilia è cominciata proprio con lui, con quella pubblica lettera di sfida ai suoi taglieggiatori. Il suo esempio, ancora oggi, è modello per chi reagisce e si ribella, ma anche monito per chi subisce e si rende complice con il silenzio, per chi non collabora con le forze dell’ordine».
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