La gestione del paziente dal punto di vista medico fu «buona», mentre le dichiarazioni della parte civile sono state «orientate ad enfatizzare». In definitiva «le risultanze dibattimentali non legittimano un giudizio di condivisione dell’assunto accusatorio».
Sono molto interessanti le motivazioni della sentenza depositate in questi giorni con cui la corte d’assise presieduta dal giudice Massimiliano Micali, con a latere il giudice estensore Giuseppe Miraglia, nel febbraio scorso ha assolto un medico e sette infermieri della Chirurgia vascolare dell’ospedale Papardo dall’accusa di abbandono d’incapace per la gestione di un paziente 92enne, poi morto in un altro nosocomio. Gli otto sanitari erano finiti sotto processo dopo la denuncia della figlia del paziente, che affermò in sostanza a suo tempo di aver trovato in più occasioni il padre, già affetto da una serie di gravi patologie, tra cui il diabete mellito, in condizioni precarie dal punto di vista igienico e anche per certi versi sanitario (con piaghe). Ad un certo punto - anche dopo un intervento d’amputazione di una gamba -, la donna decise quindi di trasferirlo in un’altra struttura, dove poi il genitore morì.
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