“Ieri pomeriggio, verso le 15.00, circa mezz’ora prima del momento in cui il detenuto ha esploso ben sei colpi calibro 7,65 all’indirizzo di altri ristretti che tre giorni prima lo avevano aggredito violentemente, si è chiaramente sentito il rumore di un drone nel perimetro del carcere. Pare, inoltre, che la rete di protezione della finestra della cella dell’attentatore sia stata divelta in un angolo, giusto quanto basta per l’introduzione di una pistola”.
Lo dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, intervenendo ancora sulla clamorosa sparatoria di ieri pomeriggio nel carcere di Frosinone.
De Fazio spiega: “Il via vai di droni è frequentissimo in molti istituti penitenziari, ivi compreso quello di Frosinone, e nulla può contro di esso la Polizia penitenziaria, la quale non dotata di alcun dispositivo per individuarli e inibirne le frequenze su cui ne avviene il pilotaggio da remoto. Eppure, le strumentazioni esistono, sono poco costose, portatili e di semplice e immediato posizionamento. Perché, allora, non acquistarne un certo numero e dislocarle presso quelli che possono essere gli obiettivi più sensibili, magari anche spostandole segretamente da una parte all’altra in forma deterrente?”
“Ma lo sbando totale delle carceri – prosegue il Segretario della Uilpa PP – non è dovuto solo al sottodimensionamento degli organici della Polizia penitenziaria, 17 mila le unità mancanti, e all’inconsistenza degli equipaggiamenti, ma va ricercato anche nella disorganizzazione complessiva e in un modello custodiale inefficace, di cui si annuncia il cambiamento da molti anni, ma rimane sempre tale. C’è da interrogarsi, infatti, anche sul perché il detenuto si è fatto recapitare la pistola e ha deciso di usarla contro i suoi aggressori di qualche giorno prima facendosi giustizia da solo. Sul perché coloro che lo avevano malmenato stavano ancora a poche celle di distanza, nella stessa sezione detentiva e avevano la possibilità di continuare a minacciarlo e irriderlo. Dov’era lo Stato, a parte quei pochi della Polizia penitenziaria e, in particolare, quell’agente che fino all’ultimo ha dissuaso l’attentatore che poi ha consegnato spontaneamente l’arma? Crediamo, in definitiva, che l’autore del folle gesto, oltre che reo, sia esso stesso vittima di un sistema fallimentare, di cui la Ministra Cartabia e il Governo dovrebbero prendere finalmente e concretamente atto, al di là di quelle che sinora sono apparse come sterili declamazioni di principio, vuote di qualunque contenuto pragmatico”.
“Lo ribadiamo – conclude De Fazio – se nelle prossime ore non arriveranno i segnali che da troppo tempo auspichiamo, il senso di responsabilità ci farà assumere iniziative fragorose per richiamare il Governo e la politica ai propri doveri”.
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