«Vedere i tatuaggi sul corpo di Broili inneggianti al nazismo mi ha dato disgusto». Parole di Hassan Nourdine, piemontese di Asti ma nato in Marocco, che sabato 18 settembre ha vinto ai punti (con verdetto non unanime) il titolo italiano dei superpiuma. «Ero lì solo per fare boxe e, per tutta la serata, ho cercato di non distrarmi ed essere concentrato al match. Ma certo, vedere i tatuaggi sul corpo di Broili inneggianti al nazismo mi ha dato disgusto — ha ribadito Nourdine — Oltretutto sia a bordo ring che sugli spalti si salutavano con il saluto romano. Per loro è normale, per me non lo è. Il clima è stato questo. Voglio chiarire che Broili con me è stato sempre molto cordiale, sia prima del match che dopo. Nell’intervista post incontro mi ha fatto i complimenti per la vittoria. A bordo ring c’era qualche mio amico oltre a mia moglie Fatima e mio figlio Anwar di un anno, il mio primo fan. In ogni modo, spero che i giovani non seguano questi ideali e sono in prima linea nel combatterli affinché si possa far capire la gravità».
La sfida per il titolo italiano dei superpiuma tra Michele Broili e Hassan Nourdine a Trieste si è svolta lontana dai riflettori, ma ad accendere la polemica sono i tatuaggi di Broili (uscito ieri sconfitto dal confronto con l'atleta piemontese di origine marocchina), simboli legati o inneggianti al nazismo. Dal totenkopf, la 'testa di morto" riferita al gruppo paramilitare di custodia dei campi di concentramento al simbolo delle SS, passando per il numero 88 (legato alla doppia H delle iniziali di Hitler) e il castello con scritta «Ritorno a Camelot», il nome del raduno quinquennale organizzato dal Veneto Fronte Skinheads.
Federazione contraria
La Federazione Pugilistica Italiana ha subito preso le distanze dal 28enne triestino, condannando il fatto con una nota ufficiale e annunciando provvedimenti: da domani prende il via l’iter disciplinare sportivo che - sottolineano fonti della federazione - potrebbe portare a una squalifica. E’ invece in attesa di eventuali riscontri della polizia la procura della Repubblica di Trieste, domani gli approfondimenti. Dura la Federpugilato che «condanna e stigmatizza con forza e perentoriamente il comportamento del proprio tesserato e si dissocia da ogni riferimento che i tatuaggi offensivi evochino. Tale comportamento è in palese contrasto con le norme» del codice Coni, all’articolo 5. La Fip ha annunciato di fatto l'apertura di un’inchiesta per le «opportune misure sanzionatorie anche a tutela dell’immagine della federazione», riservandosi «ogni opportuna azione». La responsabilità, sottolinea la Fip, è «esclusivamente» personale, e semmai "indirettamente» della sua società e aggiunge che «alcuna responsabilità può e deve essere ascritta alla Fip che non può essere a conoscenza delle scelte personali di ogni singolo tesserato sino a quando non ne abbia contezza». Amarezza è stata espressa in un tweet da Vittorio Pavoncello, presidente Maccabi Italia: «Un pugile professionista può battersi per il titolo italiano pur avendo su tutto il corpo tatuaggi che inneggiano al #nazismo e al #fascismo infrangendo la legge. Dovrebbe conoscere la storia di #LeoneEfrati della sua stessa categoria», ha scritto Pavoncello. Lui, Broili, «non vuole entrare nella questione dei tatuaggi. E’ deluso dalla sconfitta», riferisce all’ANSA il suo allenatore, Denis Conte, dell’Ardita Trieste. «Il mio pugile si è sempre comportato in maniera sportiva e corretta - assicura l’allenatore - rispettando le regole sul ring e nella vita. Spiace per la polemica, ma la federazione sapeva da anni di quei tatuaggi». I tatoo di Michele Broili avevano già suscitato polemiche nel febbraio del 2020: la sua foto a petto nudo era apparsa nella locandina della «Boxe Night», vicino al logo del Comune di Trieste. Dopo le accuse da parte dell’opposizione, la Giunta comunale si era difesa sostenendo di essere all’oscuro del fatto e che, alla fine, le locandine erano state rimosse.