Con la 'Covid Economy' è cresciuta la «capacità imprenditoriale» delle mafie. Che ora «potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi comunitari che giungeranno a breve grazie alle iniziative del governo per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni rese necessarie dalla emergenza sanitaria». L’allarme viene lanciato dalla Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione semestrale presentata dal ministro dell’Interno al Parlamento. Relazione secondo cui, per effetto della pandemia, la tendenza delle organizzazioni criminali «ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale 'sanò si è ulteriormente evidenziata». E «i sodalizi mafiosi potrebbero utilizzare le ingenti risorse liquide illecitamente acquisite per 'aiutare' privati e aziende in difficoltà al fine di rilevare o asservire le imprese in crisi». Una strategia mafiosa che «si rivelerebbe utile anche per il riciclaggio e per l’infiltrazione nei pubblici appalti».
«Le difficoltà incontrate per arginare il diffondersi della pandemia - ricordano gli analisti della Dia - hanno continuato ad imporre limitazioni alla mobilità dei cittadini e allo svolgimento delle attività di importanti comparti produttivi quali quello commerciale, turistico-ricreativo e della ristorazione. Delle difficoltà finanziarie delle imprese potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale»
La posizione della 'ndrangheta
La 'ndrangheta rimane saldamente leader nel narcotraffico internazionale, ma «non appare più così monolitica ed impermeabile alla collaborazione con la giustizia da parte di affiliati nonché di imprenditori e commercianti, sino a ieri costretti all’omertà per il timore di gravi ritorsioni da parte dell’organizzazione mafiosa». Lo rileva la Direzione investigativa antimafia nella sua Relazione semestrale al Parlamento, segnalando la consolidata proiezione dei gruppi affiliati in tutte le regioni italiane, in diversi Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania e Malta), nonché in Australia, Stati Uniti e Canada. Sottolineato anche il frequente coinvolgimento negli affari illeciti di donne e di minori. Le indagini, evidenzia la Relazione, danno conto «dell’ampio e pressoché inedito squarcio determinato dall’avvento sulla scena giudiziaria di un numero sempre più elevato di 'ndranghetisti che decidono di collaborare con la giustizia». E anche «esponenti di primo piano hanno scelto di rompere il silenzio». Nessuna tregua, però, sul contrasto, perché le 'ndrine sono infiltrate «in svariati settori commerciali, produttivi e dei servizi (costruzioni, autotrasporti, raccolta di materiali inerti, ristorazione, gestione di impianti sportivi e strutture alberghiere, commercio al dettaglio, senza tralasciare il settore sanitario, etc.)». I proventi del traffico di droga - in costante aumento - hanno reso la 'ndrangheta una vera "potenza imprenditoriale". Le cosche, si legge ancora nel documento, «hanno da tempo dimostrato di essere straordinariamente abili ad adattarsi ai diversi contesti territoriali e sociali prediligendo, specialmente al di fuori dai confini nazionali, strategie di basso profilo e tenendosi, al contempo, al passo con il progresso e la globalizzazione. I modelli mafiosi originari vengono replicati al di fuori della Calabria facendo leva sui quei valori identitari posti alla base delle strutture 'ndranghetiste. Alla stessa stregua non verrebbero abbandonate le tipiche ritualità di affiliazione che non rappresentano un mero fenomeno folkloristico ma preservano sentimenti fortemente caratterizzanti che rafforzano, ad esempio, il legame degli 'ndranghetisti all’estero con la casa madre reggina».
Le enclavi al Nord
San Giusto Canavese (Torino) e Lonate Palazzolo (Varese), Lona Lases (Trento) e Desio (Monza e Brianza), Lavagna (Genova) e Pioltello (Milano). Tutti posti ben lontani dalla Calabria, ma nei quali la 'ndrangheta ha allungato i suoi tentacoli installandovi 'localì (le strutture di coordinamento delle 'ndrine). La Direzione investigativa antimafia nella sua Relazione semestrale al Parlamento conta ben 46 'locali' nelle regioni settentrionali: 25 in Lombardia, 14 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. La 'ndrangheta, rileva la Relazione, risulta «perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale anche nei contesti extraregionali» ed i numeri «dimostrano la capacità espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi».
Mafia e cripto valute
Le mafie sono «in grado di cogliere le varie opportunità offerte dalla globalizzazione». E nella gestione dei loro business ricorrono sempre più spesso «a pagamenti con criptovalute quali i Bitcoin e più recentemente il Monero, che non consentono tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario».
La Stidda e il salto di qualità
Tra i sodalizi mafiosi che nella Sicilia centro-orientale si affiancano a cosa nostra «un rilievo particolare è da attribuire alla stidda che risulta caratterizzata dalla coesistenza di gruppi operanti con un coordinamento di tipo orizzontale».
I rapporti tra le mafie e i sodalizi stranieri
«L'esistenza di una multiforme varietà di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all’estero soprattutto per il narcotraffico, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e del lavoro irregolare, documenta come la criminalità transnazionale rappresenti una minaccia reale a fronte della quale appaiono necessari un approccio globale e una più ampia visione del fenomeno».
Cosa nostra e i legami con le famiglie statunitensi
Cosa nostra, «impossibilitata a ricostituire un organismo di vertice per la definizione delle questioni più delicate», coesiste e talvolta stringe «alleanze occasionali per il raggiungimento di specifici obiettivi criminali con altre organizzazioni dai contorni più fluidi, meno gerarchizzate». Mentre sue «alcune articolazioni appaiono orientate a intensificare i rapporti con le proprie storiche propaggini all’estero. Recenti e ripetute sono le evidenze di una significativa rivitalizzazione dei contatti con le famiglie d’oltreoceano».
Roma, cresce l'allarme usura
«Il rischio di inquinamento dell’economia che è stato ulteriormente accentuato dalla crisi pandemica, nella capitale potrà comportare un ulteriore espansione delle condotte usurarie che potrebbero andare a intaccare non solo le piccole e medie imprese ma anche i singoli». Rischio ancora più concreto in una piazza «costellata dagli storici 'cravattarì così come da emissari delle organizzazioni criminali locali o di proiezione che agiscono solitamente applicando tutti i canoni dell’agire mafioso».
La piaga delle baby-gang in Campania
In Campania «accanto ai grandi sodalizi mafiosi sarebbe presente una pletora di gruppi-satellite minori a composizione prevalentemente familiare e spesso referenti in loco dei primi e di baby-gang che non possiedono un background criminale di particolare consistenza e stabilità».
L'influsso dei clan foggiani
«Ricalcando il percorso evolutivo della 'ndrangheta i clan foggiani si sarebbero mostrati capaci di stare al passo con la modernità, pronti a cogliere e sfruttare le nuove occasioni criminali offerte dalla globalizzazione. In questi termini il fenomeno mafioso foggiano desta maggior allarme sociale tanto da essere considerato dalle istituzioni, soprattutto negli ultimi tempi, un’emergenza nazionale».
Calo degli omicidi, crescita dei reati economici
Tra luglio e dicembre 2020 in Italia calano gli «omicidi di tipo mafioso» e le «associazioni mafiose» ma «parallelamente si osserva un aumento dei delitti connessi con la gestione illecita dell’imprenditoria, le infiltrazioni mafiose nei settori produttivi e l’accaparramento di fondi pubblici».
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