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Il "barone nero" posta foto con Salvini e Meloni: "Nessuno finga di non conoscermi"

Jonghi Lavarini, nessuno faccia finta di non conoscermi

"Una polpetta avvelenata": è la definizione più ricorrente e usata anche dalla presidente Giorgia Meloni per definire l’inchiesta di Fanpage sui finanziamenti a Fratelli d’Italia per le elezioni amministrative di Milano. In attesa della seconda puntata, che verrà pubblicata settimana prossima, Meloni anche oggi da Ragusa ha di nuovo chiesto al direttore di Fanpage Francesco Cancellato «le oltre 100 ore di girato per capire come si comportano i miei dirigenti» ma è ovviamente tornata anche sui primi 10 minuti mandati in onda anche su La7. «Tre anni di giornalista infiltrato - ha detto - per mandare in onda 10 minuti di video nell’ultimo giorno di campagna elettorale e sulle pagine dei giornali nel giorno del silenzio , in uno stato di diritto non sarebbe mai accaduto».

Su quella che la leader di Fratelli d’Italia ha definito «una polpetta avvelenata a pochi giorni dal voto amministrativo» non si è ancora mossa la procura milanese che ha aperto un’indagine al momento senza indagati con il pm Giovanni Polizzi che si occuperà degli aspetti legati al presunto finanziamento illecito ai partiti e al riciclaggio, mentre al suo collega Piero Basilone, esperto in materia di terrorismo interno e di eversione di destra e di sinistra, toccherà valutare se ci siano altri eventuali reati come l’apologia del fascismo e l’odio razziale.

Se da un lato infatti, sia l’eurodeputato Carlo Fidanza, che ieri si è autosospeso, sia il "barone nero" Roberto Jonghi Lavarini parlano di «black» e di versamenti «in nero» grazie a «una serie di lavatrici», dall’altro negli appuntamenti elettorali organizzati da Fratelli d’Italia a Milano si sentono frasi razziste e si vedono braccia tese. «Goliardate» e «nessuno ha dato o ricevuto soldi, punto: solo fumo senza arrosto, un fuoco di paglia, bolle di sapone...», la replica di Jonghi Lavarini che ha diffuso una lunga serie di «Note difensive" attaccando il giornalista che ha realizzato l’inchiesta, definendolo «infame spia, laido finto amico».

Oltre a promettere un «lungo elenco» di denunce per diffamazione aggravata a mezzo stampa e minacce sui social, Jonghi Lavarini ha però chiarito anche un altro punto: «Sono assolutamente indipendente e apartitico ma nessuno faccia finta di non conoscermi o, peggio, si permetta di offendere gratuitamente me e la comunità di veri patrioti che rappresento», ha scritto su Instagram postando una foto che lo ritrae con Matteo Salvini e un’altra con Giorgia Meloni. «Il 5% di voti della «destra radicale» fa gola a tutti ed è indispensabile per vincere qualunque sfida bipolare, nei comuni e nelle regioni, come alle elezioni politiche», ha aggiunto. Si attende ora lunedì, quando a urne chiuse si vedrà l'impatto dell’inchiesta sulle elezioni milanesi, con Fratelli d’Italia che nel 2016 non raggiunse il 2,5%, mentre questa volta secondo tutti i sondaggi potrebbe superare abbondantemente il 10% e arrivare non lontano dalla Lega.

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