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Licenziata, ma risarcita: dipendente malata di cancro fa condannare società di comunicazione

Ridotto, invece da 34mila a 13mila euro, il conguaglio di differenze retributive sul trattamento globale di fine rapporto.

Licenziata, ma risarcita. Premio di "consolazione" per la dipendente di una società di comunicazione finanziaria, Barabino & Partners, che ha soppresso dalla pianta organica la posizione occupata dalla 40enne operata di cancro alla tiroide. I giudici del Lavoro non hanno ravvisato alcun tipo di reato per il licenziamento della donna, ma hanno riconosciuto "pressioni indebite e gratuite sulla già provata situazione psicologica della dipendente".

La società "pure in mancanza di un intento vessatorio, ha sicuramente esorbitato dal legittimo esercizio del proprio potere di controllo sulle assenze della dipendente, facendola bersaglio di una serie continua e pressante di solleciti alla ripresa dell’attività, di insistenti richieste di notizie sui possibili tempi di recupero, finanche di puntuali suggerimenti medici sulle modalità da egli ritenute più consone alle terapie riabilitative, operando pure sgradevoli quanto inopinati confronti con le condotte di colleghi colpiti da patologie simili, così da fiaccare la tenuta psicologica di una lavoratrice già provata".

Per i giudici la dipendente va risarcita con 52.000 euro di danno biologico: non per l’intero «disturbo depressivo moderato grave», insorto in chi in parte era predisposta e «in reazione a percepita condizione avversativa in ambito lavorativo», ma per la quota (stimata da una perizia d’ufficio nel 10% e raddoppiata dai giudici al 20%) che la sentenza ricollega appunto alle «vicessitudini lavorative».

Ridotto, invece da 34mila a 13mila euro, il conguaglio di differenze retributive sul trattamento globale di fine rapporto.

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