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Ordinanza contro l'abbigliamento succinto, bufera sul sindaco di Terni

E' scontro tra Lega e 5 Stelle sul provvedimento che vieta l'abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo o il mostrare nudità

E' "fatto divieto a chiunque" di mantenere un "abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione": è questo uno dei passaggi di un'ordinanza anti-prostituzione firmata dal sindaco di Terni, Leonardo Latini (Lega), e finita al centro di una polemica politica.

L'affondo dei 5 Stelle

A criticare il provvedimento, insieme ad associazioni cittadine e opposizioni in consiglio, è la senatrice umbra M5s, Emma Pavanelli. "No, non siamo in Afghanistan sotto il regime talebano ma in Umbria" ha scritto la parlamentare in una nota, in cui sottolinea che "il sindaco di Terni emana un'ordinanza che impone alle donne il divieto di abbigliamento "provocante, pena l'equiparazione a prostitute". Per la Pavanelli le soluzioni della Lega sono "grottesche e offensive per la tutela del territorio ternano". "Invece di trovare soluzioni ai problemi della città e risollevare l'economia - ha continuato - il sindaco vuole eliminare la prostituzione vietando minigonne e scollature e limitando la libertà delle donne. Una decisione ridicola e grave che ci fa capire a che livello è arrivato il partito di Salvini, un livello medioevale, omocentrico e privo di idee".

La difesa della Lega

A rispondere alle critiche sono stati i consiglieri comunali della Lega, che in una nota hanno spiegato di provare "incredulità" e "grande dispiacere" nel constatare che "c'è qualcuno che si oppone all'azione di contrasto della prostituzione" e sottolineato che in passato anche sindaci di centrosinistra "hanno adottato ordinanze simili, sia negli intenti che nei contenuti". "Ci sono battaglie che non dovrebbero avere colore politico" hanno sottolineato i consiglieri, secondo i quali "l'obiettivo universale" dovrebbe essere "garantire sicurezza e decoro".

La replica del sindaco

«Se si legge il provvedimento attentamente e con uno spirito laico ci si accorge che non è vietato alcun tipo di abbigliamento particolare da parte di nessuno, ma che c'è solamente la volontà di contrastare un fenomeno. Occorre leggere bene e non estrapolare singole parole, perché altrimenti si rischia di strumentalizzare il tutto». Così il sindaco di Terni, Leonardo Latini, risponde alle polemiche suscitate dall’ordinanza comunale anti-prostituzione, in cui si vieta «a chiunque» di mantenere un «abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo» e di «mostrare mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione».

Il sindaco sottolinea che «la polemica riguarda un’ordinanza che è stata adottata la prima volta il 24 luglio dello scorso anno, poi prorogata e reiterata nel momento in cui - spiega - c'è stata segnalata una recrudescenza di certi tipi di fenomeni e dopo averne discusso nel Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza presso la prefettura, all’esito di una apposita convocazione sul tema». «Di ordinanze come questa - prosegue Latini - ce ne sono a decine in Italia e sono state sostanzialmente adottate da sindaci di centrodestra e di centrosinistra. Sembra più che altro ci si concentri nella polemica solo su una parte politica, piuttosto che andare a vedere se quei provvedimenti sono stati adottati per contrastare un fenomeno deprecabile come quello dello sfruttamento della prostituzione, o andare a valutare l’utilità di simili strumenti per le forze dell’ordine. Di fatto con la normativa vigente soltanto dei provvedimenti ordinamentali possono dare la possibilità di intervenire».

Il sindaco evidenza poi che su «tre condotte che vengono vietate dall’ordinanza, due riguardano i clienti». «E' chiaro - dice ancora - che si tratta di un fenomeno che ha dei risvolti sociali particolarmente drammatici, ma quello riguarda un’altra porzione dell’attività che un ente locale può fare». L’ordinanza è invece, sempre a detta del sindaco, «uno strumento utile per cercare di contrastare fenomeni criminali che se trovano nelle città ambienti non accoglienti possono retrocedere». «Se invece lasciamo fare come se nulla fosse - conclude - gli stessi fenomeni criminali si insediano sempre di più e sono particolarmente spiacevoli quando vanno a colpire povere donne, come quelle costrette alla prostituzione»

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