Il 15 ottobre 2021 sancisce il “de profundis” della compagnia di bandiera ad alta quota dal 1947. Un pezzo di storia, invero tormentata nella sua ultima parentesi, che scompare mentre l’emergenza sanitaria è ancora pressante. A raccogliere il testimone c’è Ita Airways, che ne ha acquisito aerei, parte del personale e marchio, anche se a occhio nudo non sembra. Adesso, infatti, partono e atterrano aerei di celeste vestiti, con il tricolore nella coda. Un restyling cromatico e nominativo che ha spinto i primi passeggeri a pensare: “Ma mi sto imbarcando su un volo dalla Klm o della Neos?”. Oppure: “Ma siamo sicuri che non sia la British Airways o la Etihad Airways?”. Azienda, quest’ultima, che peraltro ha provato, alcuni anni fa, con scarsi risultati, a risollevare le sorti della decotta Alitalia. Alitalia: un brand icastico, direttamente riconducibile al nostro Paese; due nomi in uno solo dal forte valore emotivo. Ita Airways: una sigla seguita da un termine inglese che a primo acchito trasmette distanza e freddezza. Il vecchio marchio, quindi, in realtà non solca le nuvole, così come la vecchia livrea destinata a rimanere nell’album dei ricordi. “Il tempo scopre la verità”, diceva Seneca. E quella già nota racconta che il vettore aereo Made in Italy ci è costato 13 miliardi di euro. Ecco perché ci vorrebbe un miracolo. Nei cieli forse è più facile.
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