Variante Omicron, ancora nessuna risposta se "adattare" i vacini anti-Covid.
Secondo l’Ema non esiste «ancora una risposta» sul fatto che i produttori di vaccini dovranno o meno adattare i loro vaccini anti Covid per contrastare la variante Omicron. "Lasciatemi sottolineare che, non c'è ancora una risposta sul fatto che avremo bisogno di adattare un vaccino con una composizione diversa per affrontare Omicron o qualsiasi altra variante». Lo ha affermato la direttrice esecutiva dell’Ema, Emer Cooke nel corso di una conferenza stampa.
Ema: situazione epidemiologica resta preoccupante
«"A un anno dalla prima approvazione del vaccino non avrei creduto ci trovassimo ancora in una epidemia, ma come tutti sapete la situazione epidemiologica rimane estremamente preoccupante in Europa e la variante Omicron è diventata la variante predominate in un numero crescente di paesi». Lo ha detto la direttrice esecutiva dell’Ema, Emer Cooke nel corso di una conferenza stampa. «Con cinque vaccini e sei trattamenti siamo molto più preparati dell’anno scorso - ha aggiunto - e siamo pronti ad adattare i vaccini e i trattamenti se necessario». Cooke ha poi lanciato un appello ad «aumentare le vaccinazioni e le dosi booster».
Bassetti: Omicron mi preoccupa ma non mi terrorizza
Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Genova e primario all’Ospedale San Martino ha segnalato «al ministero della Salute che si stanno facendo dei conti sbagliati: se il malato Covid che va in rianimazione vale come quello, pure positivo, ricoverato per un’altra patologia si fa confusione». Lo dice in un’intervista alla Stampa. «I nuovi dati sulla terza dose di Pfizer e Moderna sono promettenti pure contro Omicron, almeno per la malattia grave», sostiene. Quanto a Omicron «appare più contagiosa di Delta, ma meno patogenica perché si concentra più nei bronchi che nei polmoni - afferma -. Questo pone un problema non di letalità, ma di società. È importante controllarla per non fare rimanere a casa troppe persone. Altrimenti non avremo le bare di Bergamo, ma i negozi chiusi. Bisogna essere sufficientemente preoccupati però non terrorizzati». A suo avviso «per vedere come va l’epidemia bisogna guardare le terapie intensive, dove su 30 ricoverati 25 non sono vaccinati. I restanti 5 sono immunodepressi che non hanno reagito al vaccino o ricoverati per altre ragioni con tampone positivo. Nei reparti ordinari invece il 50-60 per cento non è vaccinato, mentre poco meno della metà è vaccinato con due dosi da più di sei mesi. La metà di questi ultimi, circa un 25 per cento dunque, è affetta da patologie diverse dal Covid e andrebbe scorporata dai conti».
Galli: situazione critica ma non paragonabile a 2020
La grande maggioranza delle persone che vengono vaccinate - ha aggiunto - rispondono adeguatamente al vaccino e sono ragionevolmente protette, e se si infettano hanno infezioni blande. Mentre esistono, tuttavia, tra i più fragili, persone che al vaccino non rispondono adeguatamente o in cui l’effetto, la protezione, del vaccino diminuisce più rapidamente, e queste, ovviamente, vanno di nuovo protette. Non abbiamo dubbi su questo, tanto è vero che in vari Paesi europei si sta ragionando in termini anche di interventi drastici nei confronti dei non vaccinati». E a proposito dell’introduzione di restrizioni per i non vaccinati «credo che qualche cosa - ha concluso Galli - si debba comunque mettere in campo. E’ chiaro che tutti i nostri conti e tutte le nostri proiezioni sono state messe in crisi dalla variante Omicron, generatasi, guarda caso, nei Paesi dove il vaccino non è arrivato o non è arrivato in maniera assolutamente sufficiente. Per cui, una volta e per tutte, dobbiamo anche cacciarci in testa che dobbiamo tornare a proteggere tutto il mondo perchè la soluzione di questo problema, in un Paese solo, non ce l’abbiamo».
«La situazione è diventata, di nuovo, abbastanza critica. Non paragonabile ai morti dell’anno scorso, per carità, non paragonabile alla situazione drammatica del 2020, ma critica dal punto di vista della gestione di un Paese, di tutti i Paesi, che hanno bisogno, ovviamente, di continuare nelle loro attività e di poterle svolgere in continuità e sicurezza». Le persone «hanno anche bisogno di passare, nei limiti del possibile, delle feste natalizie senza l’ansia e l’angoscia di trasmettere ulteriormente l’infezione, soprattutto ai più fragili». Così a Sky TG24 Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco, ospite di 'Timelinè.
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