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Coronavirus, Locatelli: "Curva epidemica in discesa". Brusaferro: "E' da confermare"

La minor severità delle infezioni osservate nei contagiati da Omicron è data dalle caratteristiche biologiche della variante, dalla minor capacità di legarsi a cellule polmonari e dalla copertura dei vaccini

Franco Locatelli

Siamo «in una situazione delicata e con numeri ancora crescenti per quel che riguarda l'incidenza d’infezioni. Tuttavia, la crescita percentuale dell’ultima settimana è stata inferiore alla precedente e, negli ultimi giorni, vi sono evidenze di chiara decelerazione della curva epidemica in linea con quanto osservato in altri Paesi». Lo dice in un’intervista al "Corriere della Sera" Franco Locatelli, coordinatore del Cts.

La pressione sulle strutture sanitarie nelle ultime settimane "è decisamente aumentata. Il rischio da scongiurare è di danneggiare i pazienti con patologie differenti dal Covid riducendo il numero di procedure mediche o chirurgiche». A questo rischio «può contribuire anche un elevato numero di contagi tra gli operatori sanitari che è certamente non trascurabile. Non possiamo parlare però di ospedali vicini al collasso».

La diversa situazione rispetto al passato è «il frutto del largo numero di vaccinazioni effettuate: quasi 120 milioni di dosi somministrate e 26 milioni di persone che hanno ricevuto la dose booster sono numeri straordinari e hanno consentito di proteggere largamente dal rischio di malattia grave o addirittura fatale gli italiani». È da mettere in conto "che in una fase come questa si generi paura di frequentare luoghi molto affollati. Tuttavia le scelte di limitarli a spettatori con il super green pass e muniti di mascherine Ffp2 rappresentano strumenti in grado di ridurre molto il rischio d’infezione».

La minor severità delle infezioni osservate nei contagiati da Omicron «è data dalle caratteristiche biologiche della variante (minor capacità di legarsi a cellule polmonari) e, soprattutto, dalla presenza della copertura conferita dai vaccini. Sarebbe sbagliato pensare però che Omicron, in soggetti non adeguatamente protetti dal vaccino, non possa determinare malattia grave o anche fatale».

Siamo ancora in pandemia, «in una fase di crescita molto significativa dei contagi di cui non si prevede il picco e l’endemizzazione del virus è uno scenario possibile, ma non attuale» dichiara, invece, in un’intervista a "La Stampa Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e membro del Cts. «Invece di discutere su cosa succederà bisogna guardare i dati e prepararsi a eventuali novità con coperture vaccinali, farmaci e monitoraggio» aggiunge. La terza dose, intanto, «protegge molto bene dalla malattia grave, se ne sta studiando la durata ed è presto per parlare della quarta».

Siamo «in una nuova fase caratterizzata dalla variante Omicron arrivata all’80 per cento dei contagi e da quasi il 90 per cento della popolazione vaccinata. Questa combinazione, nonostante la crescita dell’infezione molto significativa e l’impatto notevole sul servizio sanitario, rende il quadro meno grave di quanto sarebbe stato senza vaccini e misure in atto» precisa.

C'è un rallentamento della crescita della curva «su cui essere cauti e da confermare, perché molte Regioni hanno segnalato difficoltà a riportare i dati». Le terapie intensive «sono piene al 17 per cento di pazienti Covid e i reparti ordinari al 27.

Dati in crescita, che indicano la necessità di riorganizzare gli ospedali dilazionando altre prestazioni». Per convivere più serenamente «col virus dobbiamo anche occuparci del resto del mondo, supportando i Paesi più fragili nella produzione e nella logistica dei vaccini». Dopo tre dosi non contagiarsi ha ancora un valore perché «la protezione non è mai totale e si evita di trasmettere il virus soprattutto ai più fragili». Nel contare i numeri della pandemia "si possono variare degli indicatori, ma la classificazione dei casi va mantenuta perché ci aiuta a capire cosa succede e quali misure prendere». Le zone colorate hanno ancora senso «perché si intensificano in base alla saturazione degli ospedali costituendo un’allerta per un territorio».

 

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