Covid, Meloni: "Non vaccino mia figlia". E punta il dito sulla comunicazione degli scienziati
"Io non vaccinerò Ginevra e lo rivendico. Mi spaventa come affrontiamo il dibattito sui vaccini in Italia: definirlo ideologico sarebbe già qualcosa, qui siamo alla religione". Così la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni rispondendo a una domanda sulla vaccinazione anti Covid della figlia di 5 anni, ospite di "Non è l’Arena" in onda su La7. E ha aggiunto: «La scienza sulle vaccinazioni ai minori non è tutta d’accordo, e poi la possibilità della morte per i più piccoli oscilla tra zero e numeri negativi e perché i vaccini di cui parliamo finiscono la sperimentazione nel 2023». «Mi preoccupa che non ci sia chiarezza nella comunicazione e che chi ha dei dubbi viene trattato come un criminale e un terrorista», osserva. "Le possibilità che un ragazzo muoia di Covid sono le stesse che muoia colpito da un fulmine". Immediata la replica del virologo Roberto Burioni che smentisce immediatamente la Meloni. I morti per fulmine negli USA: 28 (di tutte le età) - Morti per COVID negli USA: 900 (sotto i 18 anni)
Ma i pediatri avvertono: visitare bimbi 4 settimane dopo infezione
Visitare tutti i bambini e gli adolescenti con una diagnosi sospetta o provata di Covid dopo 4 settimane dalla fase acuta dell’infezione per verificare la presenza di possibili sintomi di long Covid. E programmare, in ogni caso, anche in assenza di questi sintomi, un ulteriore controllo dopo 3 mesi dalla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 per confermare che sia tutto normale o per affrontare i problemi emergenti, attraverso una valutazione approfondita degli stessi. Sono le principali raccomandazioni della Società Italiana di Pediatria rivolte ai pediatri di famiglia e ai genitori per monitorare e gestire i possibili casi di Covid a lungo termine tra i bambini e gli adolescenti. Le raccomandazioni sono contenute in un Documento di Consenso redatto dalla SIP, su proposta del suo Tavolo Tecnico Malattie Infettive e Vaccinazioni e della Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI), in collaborazione con la Società Italiana di Malattie Infettive Pediatriche (SITIP), la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP), la Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) e la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS). «La reale diffusione del long Covid tra bambini e adolescenti non è determinata, varia dal 4 al 60% a seconda degli studi, peraltro molto eterogenei. Negli Stati Uniti sono stati diagnosticati oltre 6 milioni di casi di long Covid in bambini e adolescenti (al 10 ottobre 2021) pari al 16% di tutti i casi di long Covid segnalati» afferma la Presidente SIP Annamaria Staiano. «Sono necessari ulteriori studi non solo per definire la reale prevalenza del long Covid nei bambini, ma anche per comprendere meglio questa malattia e migliorare il trattamento. Al momento non esistono cure standardizzate; dopo gli accertamenti di routine si praticano le terapie sulla base del sintomo prevalente. Nel frattempo, la vaccinazione appare fondamentale per proteggere bambini e adolescenti dalle possibili conseguenze a lungo termine del Covid-19», aggiunge la Presidente SIP.
Ma cosa si intende esattamente per long Covid?
Sebbene non esista una definizione completamente condivisa da tutte le autorità sanitarie, si può parlare di long Covid dopo tre mesi dalla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 in presenza di sintomi che perdurano da almeno 2 mesi e non possono essere spiegati da un’altra diagnosi. E’ importante valutare la possibile presenza di sintomi al termine della fase acuta tra la quarta e la dodicesima settimana. «Come per gli adulti, anche per i bambini uno dei sintomi più comuni riscontrato nei lavori scientifici è l’affaticamento persistente che riportano fino all’87% dei pazienti con long Covid», spiega Susanna Esposito Responsabile del Tavolo Tecnico Malattie infettive e Vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria. «Altri sintomi ai quali prestare attenzione sono: cefalea, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, dolore addominale, mialgia o artralgia, dolore toracico persistente, mal di stomaco, diarrea, palpitazioni cardiache e lesioni cutanee. I sintomi neuropsichiatrici persistenti sembrano essere i disturbi più comuni nei bambini e negli adolescenti che hanno avuto il Covid-19». Questi sintomi possono manifestarsi sia da soli che in combinazione, possono essere transitori o intermittenti, cambiare nel tempo o rimanere costanti. Sebbene queste manifestazioni siano più frequenti in coloro che hanno avuto un’infezione acuta sintomatica o grave, sono state descritte anche in pazienti asintomatici o pauci-sintomatici. «Queste manifestazioni sono solo in parte legate al danno tessutale dovuto alla presenza del virus. In massima parte sono la conseguenza dello stress causato dalla pandemia, indipendentemente dall’azione patogena del virus», aggiunge Esposito. Non sembrano invece esserci nei bambini conseguenze importanti a lungo termine sull'apparato respiratorio associate al Covid. Spiega Fabio Midulla, Presidente della Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI): «Abbiamo realizzato un follow up che da febbraio 2021 a oggi ha coinvolto circa 1000 bambini seguiti da vari centri pneumologici di tutta Italia con lo scopo di monitorare gli effetti dell’infezione a lungo termine. Abbiamo riscontrato che questi sono stati soprattutto di tipo psicologico (quali ansia e depressione sino ad arrivare all’autolesionismo) in linea con quanto emerge da altri studi. Non a caso il documento di Consenso raccomanda che i bambini con evidenti sintomi di stress mentale abbiano un supporto psicologico personalizzato». Il documento di Consenso sarà ulteriormente discusso tra specialisti ospedalieri e territoriali in modo da condividere le definizioni cliniche e l’approccio diagnostico-terapeutico.
Omicron provoca più ricoveri nei bambini
I ricoveri nei bambini per Covid-19 stanno tendendo a aumentare in molti Paesi, sulla spinta della variante Omicron, ma fortunatamente non si osservano forme gravi della malattia. Lo rileva la rivista Nature sul suo sito, osservando che le cause del perché questo accada non sono chiare e che le ipotesi al momento sono due: la prima legata alla più debole immunità acquisita dei bambini, la seconda alle caratteristiche della Omicron. Negli Stati Uniti, per esempio, i ricoveri dei bambini per Covid-19 rappresentano il 15% del totale dei ricoveri per questa causa, ossia sono fino a quattro volte più numerosi rispetto alle precedenti ondate dell’epidemia. Una delle ipotesi è che la causa nel fatto che nei bambini sono minori le difese immunitarie acquisite con il vaccino anti Covid o con infezioni avvenute in passato. Molti Paesi, rileva Nature, non hanno ancora ancora autorizzato un vaccino anti Covid per i bambini di età inferiore ai 5 anni e alcuni nemmeno ai bambini di età inferiore ai 12 anni; in molti Paesi che hanno approvato la vaccinazione per la fascia d’età 5-11 anni, poi, solo una minoranza dei bambini è stata vaccinata. Un’altra ipotesi è l’alto numero di mutazioni tipico della Omicron possa provocare una malattia diversa e forse leggermente più grave nei bambini rispetto a quella che si manifesta negli adulti.