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Il tweet choc di Tommaso Montesano: ecco perché ha citato il caso Moro e il Lago della Duchessa

Ha scatenato una bufera il tweet choc del giornalista Tommaso Montesano, figlio dell’attore Enrico. «Le bare di Bergamo stanno al Covid come il lago della duchessa sta al sequestro Moro» ha scritto avantieri sera e poi, dopo le forti proteste di ieri, ha cancellato il messaggio. Tempo addietro aveva affermato di essere «un negazionista», ma contestava questa definizione per il padre, che peraltro è un noto No Green Pass.

Ma ecco a cosa fa riferimento l'episodio del "depistaggio" citato da Tommaso Montesano relativo al sequestro e all'assassinio di Aldo Moro.

Lo statista democristiano era stato rapito il 16 marzo 1978 e sarebbe stato ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio. Durante il sequestro, il 18 aprile 1978, grazie ad un'infiltrazione d'acqua, polizia e carabinieri scoprono il covo di via Gradoli 96. I brigatisti (Moretti e Balzerani) sono però assenti. A Roma viene trovato un sedicente "comunicato n. 7" in cui si annuncia l' avvenuta esecuzione di Moro e l' abbandono del corpo nel Lago della Duchessa. Il comunicato, falso in modo evidente, è ritenuto autentico e per giorni il corpo di Moro sarà cercato, con un grande schieramento di forze, in quel lago di montagna, tra le province di Rieti e L'Aquila, ghiacciato da mesi.  

"Quando arriva il falso comunicato delle Br sul lago della Duchessa - si legge su Wikipedia - "prova generale dell'assassinio di Moro, non solo Berlinguer crede alla sua autenticità, ma è il ministero dell'Interno a confermarla. Berlinguer e Chiaromonte si recano poi da Andreotti, Galloni e Salvi, i quali pensano che Moro sia già morto". Nello stesso giorno fu scoperto il covo brigatista di via Gradoli, 96 a Roma. Già dopo una settimana la stampa internazionale avanzò sospetti sulla sua veridicità: "Il Canard Enchaîné non esita ad affermare con sicumera che l'affare del Lago della Duchessa (cioè la voce fatta circolare a un certo punto circa la presenza del cadavere di Moro in quello sperduto luogo, con la conseguente massiccia operazione di polizia) altro non era stato che una montatura degli specialisti dell'antiterrorismo, i quali di fronte ad una insostenibile situazione di stallo avevano voluto indurre i terroristi a rompere il silenzio e mostrarsi all'opinione pubblica in piena azione". Si tratta di un disegno la cui paternità fu volta a volta ascritta ad ambienti riconducibili al Presidente del consiglio[8] o al Ministro dell'interno pro tempore[9]. Il falso messaggio era in effetti stato rivendicato da più soggetti, ma fu l'emanazione del nuovo comunicato n. 7 tre giorni dopo che indusse a sospettarne la natura di apocrifo; esso fu verosimilmente realizzato dal falsario d'arte Tony Chichiarelli, legato alla Banda della Magliana.

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