«Non siamo ancora usciti dalla pandemia, non siamo ancora al riparo da nuove varianti» ed «è troppo presto per considerare la pandemia endemica». Lo ha detto il ministro della Salute francese, Oliver Véran, al termine del Consiglio informale Salute a Grenoble. «Non c'è ancora nulla che ci consenta di dire che non esiste, da qualche parte nel mondo, una nuova variante proveniente da un ceppo più pericoloso di Omicron», ha evidenziato, avvertendo che è ancora «troppo presto per abbassare la sorveglianza». «L' unica certezza del Covid è l’incertezza, è troppo presto» ha aggiunto la Commissaria Ue alla Salute Stella Kyriakides
Coronavirus in Italia
L’Italia vede il traguardo della riapertura del paese, due anni dopo l’inizio della pandemia e proprio nel giorno in cui si supera l’ennesima soglia simbolica, quella dei 150mila morti a causa del virus: finisce l’obbligo di utilizzare le mascherine all’aperto, una misura che era stata decisa con il decreto del 13 ottobre del 2020, dunque 16 mesi fa, quando a palazzo Chigi c'era ancora Giuseppe Conte. E' l'inizio di un percorso che da qui alla fine di marzo, quando scadrà lo stato di emergenza, porterà ad un allentamento di tutte le altre restrizioni compreso il green pass, e che non è escluso possa avere anche un’accelerazione, con alcuni divieti che potrebbero cadere anche prima del 31 marzo.
Dalle prossime ore, dunque, si potrà tornare a circolare per le strade di città e paesi con il viso scoperto anche se sarà obbligatorio avere con sé la mascherina ed indossarla nelle situazioni di assembramento. Si tornerà anche a ballare, con la riapertura delle discoteche, il settore che è stato più penalizzato in questi due anni di emergenza e che, se si eccettua una piccola parentesi nell’estate del 2020, è rimasto sempre chiuso: dovranno mantenere una capienza del 50% al chiuso e si potrà stare senza la mascherina solo in pista. Ma mascherine e discoteche sono solo i primi due step di quella road map annunciata dal presidente del Consiglio Mario Draghi per riaprire il paese, che al momento ha altre due date: il 31 marzo, quando scadrà lo stato d’emergenza, e il 15 giugno, quando invece finirà l’obbligo di vaccinazione per gli over 50. Sul primo punto l’orientamento del governo è quello di non prorogarlo, soprattutto se si confermerà il calo dei contagi e dei ricoveri e per evitare fibrillazioni nella maggioranza. Ed infatti Matteo Salvini non ha perso tempo per sottolineare che "l'obiettivo di tutti, spero, è arrivare il 31 marzo alla fine dello stato di emergenza». Potrebbe essere anche quella la data, come tra l’altro indicato nell’ultima ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza, in cui diremo addio anche alle mascherine al chiuso.
Diverso il discorso sul green pass, perché se è probabile che per i cinquantenni resterà la data del 15 giugno, altri interventi potrebbero essere anticipati, con le Regioni che già chiedono di accelerare. «La pandemia è diversa, il virus è diverso, la situazione è molto diversa - sottolinea il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga - dobbiamo cambiare approccio ed essere pragmatici». Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa apre: «credo che già dal mese di marzo si possa prevedere un allentamento del green pass, graduale, partendo dai luoghi all’aperto» mentre l’altro sottosegretario Pierpaolo Sileri è più cauto, sottolineando che "sicuramente andrà fatta una revisione» del sistema con la fine dello stato d’emergenza ma «è prematuro» pensare di toglierlo prima. Sileri, invece, non esclude che si possa dar seguito prima del 31 marzo ad una delle tante richieste delle Regioni fin qui stoppata dal governo, l’abolizione dell’isolamento per i positivi asintomatici. «Credo che, come la Gran Bretagna, arriveremo alla revoca dell’isolamento quando sarà dimostrata la sicurezza e gli ospedali saranno molto più vuoti".
Al di là delle singole posizioni, è comunque possibile che si comincerà ad eliminare l’obbligo del pass rafforzato prima del 31 marzo per tutte quelle attività in cui è previsto all’aperto, dai ristoranti agli stadi, e per quelle in cui serve il "base", negozi, servizi alla persona, banche, uffici postali e uffici pubblici. Il secondo step, in concomitanza con la fine dello stato d’emergenza, potrebbe invece riguardare i locali al chiuso - cinema, teatri, musei, ristoranti - e mezzi di trasporto locali, mentre dovrebbe rimanere su quelli a lunga percorrenza, per arrivare poi, a giugno, ad eliminarlo nei luoghi di lavoro. Un percorso che però non è ancora definito e sul quale la discussione tra le diverse anime del governo è aperta. Un altro "anticipo" l’ha invece introdotto un emendamento di Italia Viva al decreto legge della vigilia di Natale in conversione al Senato e approvato in Commissione affari sociali: dal 10 marzo sarà nuovamente possibile visitare i familiari ricoverati in ospedale, per 45 minuti al giorno. E sempre a marzo, dall’1, hanno già annunciato Speranza e il sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali, le capienze di stadi e palazzetti saliranno rispettivamente al 75% e al 60% con l'obiettivo di riaprirli completamente. «Credo che si potrà arrivare al 100% - conferma Costa - e il campionato finirà con gli stati pieni». Resta invece ancora aperto il discorso con le Regioni per modificare i conteggi dei ricoveri, con i governatori che da tempo chiedono di distinguere ricoverati 'per' covid da quelli 'con' covid. Il tavolo ministero-regioni non ha ancora terminato il lavoro ma Costa mette le mani avanti: «anche se dovessimo distinguere con maggior nettezza questo aspetto, non risolveremo il problema di rimettere gli ospedali in condizioni di riprendere l’attività ordinaria poiché se in ospedale ho un positivo, al di là di quale sia la patologia, questo presuppone personale addetto e reparto specifico».
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