«Gentile presidente Draghi, mi dispiace rubarle un po' del suo tempo prezioso e se lo faccio è perché credo che, a questo punto, il nostro Paese abbia bisogno di una riflessione seria e non partigiana su quello che è successo e su quello che sta ancora succedendo» è l’incipit della lettera aperta che la scrittrice Susanna Tamaro invia al premier attraverso le colonne del Corriere della Sera. La scrittrice, chiede di togliere il Green pass: perché il paese ha bisogno di essere sollevato dall’ossessione dei decreti. E anche di una “tana libera tutti”, come quando da bambini si giocava a nascondino.
E nel premettere che «sono, per formazione, una naturalista dunque osservo la realtà senza pregiudizi né veli ideologici ma soltanto nella logica coerenza dei fatti», Tamaro arriva al cuore della questione, «cioè al caos e all’irrazionalità che ci hanno dominato in questi due anni» per chiedere a Draghi se è «possibile che nella mitica cabina di regia, nel momento in cui sono state decise le misure per limitare il raggio di azione dei no vax, nessuno si sia alzato in piedi a dire: scusate un momento, ma se equipariamo i vaccinati con due dosi ai no vax non stiamo lanciandoci un boomerang? Perché così facendo, primo, affermiamo la totale inefficienza del vaccino, e secondo, alimentiamo le fantasie complottiste di chi si oppone alla campagna vaccinale», osserva la scrittrice.
Susanna Tamaro sottolinea: «La scienza però ci dice che, vaccinati e non vaccinati, ci scambiamo comunque tutti allegramente il contagio. In quest’ottica risulta anche difficile capire l’attribuzione taumaturgica del green pass. Personalmente non ho alcuna osservazione morale, filosofica o politica su questo importante documento. Nell’archivio del piccolo comune in cui vivo è registrata l’esistenza di posti di blocco istituiti nel 1800 durante un’epidemia di peste in Campania: per entrare nel paese bisognava, infatti, esibire un lasciapassare che attestasse l’assenza di soggiorni partenopei» ma «se ci contagiamo tutti in continuazione che senso ha? Non costituisce piuttosto un importante fattore di rischio? Con il super green pass, magari addirittura illimitato, una persona, soprattutto giovane, si sente appunto super sicura e abbandona quelle cautele che, davanti a un’epidemia così insidiosa, bisognerebbe pur sempre continuare a mantenere», annota Tamaro, che aggiunge per chiedere: «Il fatto che si impedisca alle persone che non hanno ancora fatto la terza dose, come me ora, di avere qualsiasi tipo di vita sociale non è qualcosa che, oltre a ledere i diritti fondamentali della persona, dà anche il colpo di grazia ai negozi e ai parrucchieri che fin qui, con le unghie e con i denti, hanno tentato di resistere?» Conclude la sua lettera aperta a Draghi: «In Israele, un Paese certo non sprovveduto, hanno capito che i malefici del green pass superano di gran numero i benefici e ne hanno delimitato l’uso ai grandi eventi mentre noi abbiamo le forze dell’ordine costrette a entrare nei parrucchieri di paese per chiedere il green pass alle anziane clienti che si fanno la permanente. Non stiamo sfiorando il ridicolo?».
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