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Il blitz sul clan Moccia, quando il boss andò in udienza da Papa Francesco

Il boss della camorra Angelo Moccia, la moglie ed un amico imprenditore in udienza dal Papa. È uno dei retroscena dell’inchiesta giudiziaria condotta dai carabinieri del Ros con la Procura di Napoli sul clan camorristico Moccia di Afragola e che ha portato ad un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 57 persone (36 in carcere, 16 ai domiciliari e per 5 divieto temporaneo di esercitare attività d’impresa). A riportarlo è Repubblica. 

Il 22 marzo 2017, da quanto emerge dagli atti, Angelo Moccia e la moglie parteciparono a un’udienza da Papa Bergoglio insieme all’imprenditore Giovanni Esposito, quest'ultimo ora sotto inchiesta per concorso in associazione mafiosa nell'ambito dell’inchiesta sugli appalti del settore ferroviario, e alla moglie di quest’ultimo.

Secondo la Procura di Napoli, il boss arrestato oggi, sebbene abbia sostenuto di essersi allontanato dalla criminalità organizzata, "non solo non si è mai dissociato dal clan ma ne è stato sempre partecipe con il ruolo di promotore". Esposito, anch'egli arrestato oggi nel blitz sui Moccia, viene ritenuto dai magistrati un imprenditore di riferimento dell’organizzazione, legato da rapporti di natura anche personale ad Angelo Moccia.

Quando Moccia evase con Cesare Battisti

Il boss e il terrorista che misero a ferro e fuoco Frosinone per evadere. Luigi Moccia, a capo con i fratelli Antonio e Angelo dell’omonimo clan egemone ad Afragola, arrestato nell’ambito dell’operazione dei carabinieri del Ros con 57 ordinanze di custodia cautelare e sequestro beni per 150 milioni di euro da parte della Guardia di finanza, viene ricordato così in quella zona del Lazio. Sono le 13.56 del 4 ottobre del 1981 quando una donna entra nel carcere di Frosinone con la scusa di depositare dei soldi per un recluso, ma è con altri tre uomini armati di pistola. La donna riesce a immobilizzare il primo agente di custodia

Il commando in dieci minuti blocca otto agenti e tre donne in attesa del colloquio. Mentre una persona tiene sotto tiro la polizia penitenziaria, gli altri arrivano fino al cortile dove i carcerati prendono l’ora d’aria. E’ lì che vengono trovati i due uomini da liberare. Un "politico e un comune" come si diceva allora. Sono Cesare Battisti, da quattro mesi nel carcere di Frosinone, allora posizionato in piazza Risorgimento, e il boss della camorra. Prima di uscire dal carcere, per poi dirigersi verso l’Abruzzo, il gruppo lancia una bottiglia incendiaria che non esplode. Fuori ad attenderli altre due persone. Inizialmente le indagini si dirigono verso i familiari degli evasi, poi prende corpo la pista del terrorismo. Nel marzo del 1982 a Frosinone si tiene nei confronti di dieci persone il processo a chi partecipò, organizzò o favorì l’evasione. A conclusione del dibattimento il presidente della Corte Fausto Zapparoli (giudici a latere Rodolfo Messina e Giovanni Ferri) e con il pm Paolino Dell’Anno, condannarono tutti, compresi Moccia e Battisti, a cinque anni di reclusione.

 

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