Venerdì 22 Novembre 2024

Concorso in magistratura: solo il 5,7% ammessi all'esame orale

Strafalcioni di diritto e pure di italiano. Commessi non da svogliati studenti di istituti tecnici superiori, ma da ambiziosi laureati in giurisprudenza che aspirano a diventare giudici e pubblici ministeri. Così finisce in una Caporetto il concorso per l’accesso in magistratura, bandito nel 2019, ma cominciato solo un anno fa, causa Covid. Dei 3.797 che si erano presentati l’estate scorsa per sostenere le prove scritte, sono stati ammessi all’orale solo in 220, uno striminzito 5,7%, come certifica il ministero della Giustizia sul suo sito. Con il risultato già certo che resteranno scoperti, nella migliore delle ipotesi, almeno 90 dei 310 posti messi a concorso. Una vera iattura considerata la grave scopertura degli organici delle toghe. Secondo una stima del Csm, mancherebbero più di mille magistrati. Una carenza di cui si sente il peso proprio mentre gli uffici giudiziari sono chiamati a realizzare gli ambiziosi obiettivi del Pnrr: il taglio del 40% dei processi civili e del 25% di quelli penali. Non è la prima volta che un bando per accedere all’ordine giudiziario finisce in una «strage di candidati». Era già accaduto nel 2008 , in occasione di un maxi-concorso che avrebbe dovuto assicurare alla magistratura una decisa iniezione di forze nuove, con 500 giudici in più. «Allora fu coperta la metà dei posti» ricorda il pm milanese ed ex presidente dell’Anm Luca Poniz, tra i 30 componenti della commissione d’esame dell’attuale concorso. Né lui né i suoi colleghi, assicura intervistato dall’Ansa, hanno voluto usare la mano pesante («quando si legge un tema, non c'è nessun preconcetto o severità predeterminata»). Ma hanno dovuto prendere atto di «un livello non adeguato» dei concorrenti, pur nella consapevolezza dell’«urgenza» di reclutare nuovi magistrati. Che cosa avete constatato? «Una grande povertà argomentativa e povertà linguistica, molto spesso temi che ricalcano schemi preconfezionati, senza una grande capacità di ragionamento, una scarsa originalità, poca conseguenzialità e in alcuni casi errori marchiani di concetto, di diritto, di grammatica. Trovare candidati del concorso in magistratura che non sanno andare a capo è un problema molto serio, io l’ho imparato in terza elementare». Ma come si può spiegare tutto questo? Per Poniz ci sono più ragioni, a partire dal «collasso dell’attitudine formativa della scuola». Pesa anche «la proliferazione» di Atenei, che tendono a promuovere tutti «perché le università si alimentano attraverso i risultati positivi. Credo che tutto questo non abbia portato un grande risultato alla qualità media dei laureati. Occorre ragionare anche sui corsi di preparazione in magistratura bisogna vedere se formano davvero, se preparano a un metodo». Ma porsi questi problemi «è compito dei ministri dell’Istruzione e della Giustizia».

Magistratura Democratica: tanti bocciati a concorso toghe, ripensare prove

Non è solo «la scarsa preparazione giuridica e linguistica dei partecipanti» che può spiegare la così bassa percentuale (5,7%) di ammessi agli orali del concorso in magistratura. «Le cause di quanto accaduto, oltre alle carenze delle istituzioni responsabili della loro formazione e alla non adeguata preparazione di una parte dei candidati, devono essere individuate anche nelle modalità di svolgimento del concorso e di selezione della Commissione Esaminatrice». A sostenerlo è Cinzia Barilla, presidente nazionale Magistratura democratica e magistrato di sorveglianza a Reggio Calabria, intervenendo nel dibattito che si è aperto dopo l’intervista all’Ansa di uno dei commissari di esame, il pm milanese Luca Poniz. Una chiave di lettura incentrata sulla scarsa preparazione dei candidati , premette Barilla, «ci pare poco attenta soprattutto ai sacrifici personali ed economici dei candidati. Spesso si tratta di giovani che dopo la laurea studiano da più anni per il concorso, molti hanno partecipato anche al tirocinio e frequentato scuole di preparazione al concorso, sono già avvocati e non di rado sono dottori di ricerca o provengono da altri ranghi delle amministrazioni pubbliche». L'attenzione va dunque puntata su come si sono svolte le prove. «Quattro ore per l’elaborazione di un tema in materie giuridiche (un tempo di gran lunga inferiore a quello concesso per il tema di maturità) è un intervallo del tutto insufficiente ed è una modalità che contribuisce a favorire il nozionismo, invece di stimolare le capacità di ragionamento. Può anche essere stata inoltre penalizzante la scelta di effettuare solo due prove, che oltre a non testare la preparazione complessiva in più rami del diritto, non consente di recuperare un’insufficienza in una sola delle prove». Ma occorre anche fare altro: «Ripensare alle modalità con le quali vengono scelti i commissari d’esame, chiamati a svolgere un compito complesso e delicato» e oggi «scelti dal Csm "per sorteggio" (fra coloro che manifestano la propria disponibilità alla nomina) e non per "merito". Il Csm, che è il nostro organo politico per eccellenza, è senz'altro in grado di nominare magistrati che per il loro percorso professionale, la loro produzione scientifica, le loro esperienze didattiche appaiano adeguati a valutare gli elaborati dei candidati e a selezionare i più preparati, avendo nei propri compiti il nostro organo di autogoverno ben più difficili prerogative».

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