E’ morto questa notte a Villa dei Pini, clinica di riabilitazione di Avellino, l’ex presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita. De Mita, che era stato eletto sindaco di Nusco di recente per la seconda volta, era stato ricoverato in seguito a un attacco ischemico il 10 aprile scorso al Moscati di Avellino; in precedenza era stato operato al femore, e per questo si trovata nella struttura di riabilitazione. Aveva 94 anni compiuti a febbraio scorso. A confermare il decesso all’AGI è stato il medico personale.
La morte di Ciriaco De Mita, l’ultimo presidente del Consiglio Dc ancora in vita, ha destato nel mondo politico e istituzionale un sentimento di cordoglio e rispetto, anche in coloro che furono suoi avversari, ed ha suscitato riflessioni sull'oggi della politica. Tra i primi a esprimere «cordoglio» è stato il Presidente del Consiglio Mario Draghi, che ne ha ricordato la molteplicità degli impegni: a livello di partito, in quello parlamentare e in quello di governo. Ma è stato soprattutto il presidente Sergio Mattarella, in un lungo comunicato non formale, a delineare il profilo di colui che da segretario della Dc lo strappò all’Università e lo portò in politica. L’impegno politico di De Mita è avvenuto «nel solco di quel cattolicesimo politico che trovava nel popolarismo sturziano le sue matrici più originali e che vedeva riproposto nel pensiero di Aldo Moro».
Da questa radice nasceva la «visione della democrazia come processo inesauribile» che richiede «il rinnovamento e l’adeguamento delle nostre istituzioni». Un rinnovamento preso di mira dalle Br che nell’aprile 1988 uccisero il suo consigliere Roberto Ruffilli, teorico dell’uninominale, che fu alla base della legge elettorale Mattarella del 1993. Il tentativo di innovare le istituzioni fu alla base del suo impegno nel 1992 come presidente della Bicamerale per le riforme costituzionali, naufragata sotto i colpi di Tangentopoli che travolse anche la Prima Repubblica. Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi, ha ricordato la drammaticità del fallimento del tentativo di riformare la Costituzione tra il 1992 e il 1994, che aprì la porta alle successive forme di populismo: in De Mita c'era «la convinzione che solo il popolarismo avrebbe potuto bloccare la deriva populista, la certezza che senza la rigenerazione di una passione popolare non si sarebbe riusciti a bloccare la deriva della democrazia».
Il De Mita «innovatore» è stato ricordato anche dall’altro "professore» portato in politica dall’ex segretario Dc, vale a dire Romano Prodi, che ha sottolineato anche la sua capacità di "dare spazio alle nuove generazioni, promuovendo quel ricambio di classe dirigente necessario». Una dimensione sottolineata da molti di quei cattolici della sinistra Dc oggi impegnati nelle file del Pd, come Enrico Letta, Dario Franceschini, oltre che dallo stesso Mattarella. L’attenzione alla dimensione popolare della politica lo spinse a cercare il dialogo con l’altro grande partito di popolo, il Pci, per superare la «conventio ad excludendum» nei suoi riguardi. Di qui le parole di sincera stima verso De Mita da parte dei figli di quella storia, da Massimo D’Alema, a Piero Fassino, ultimo segretario Ds, a Roberto Speranza. Il dialogo con il Pci portava alla collisione con il Psi di Bettino Craxi, che aveva lanciato la «competion» a sinistra con il Pci. «Quello tra i due fu un conflitto politico aspro, frutto di visioni e mondi diversi, ma all’insegna della politica come terreno di confronto tra i migliori» ha ricordato Stefania Craxi. Parole di rispetto sono giunte anche dal centrodestra, da Antonio Tajani, a Giorgia Meloni, da Lorenzo Cesa a Gianfranco Rotondi che ne hanno sottolineato la passione politica e la capacità di rispettare l’avversario politico, derivante anche dalla sua «curiosità intellettuale» sottolineata da Mattarella. Il presidente della Repubblica ha ricordato anche «la sua visione internazionale e, in modo particolare, l’attenzione che ebbe per ciò che la leadership di Gorbaciov stava producendo in Unione sovietica": quasi un memento all’attuale politica che si perde sui balneari mentre in gioco c'è la collocazione internazionale del Paese. Questa attenzione alla dimensione internazionale, a fianco della sua laicità, evidenziata ancora da Mattarella, rendono centrato il commento di Pierferdinando Casini che nella Dc era nella corrente avversa: «si è sempre definito, solo e semplicemente, un democratico cristiano, anche dopo la morte della Democrazia cristiana».
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