Genova, individuata cellula terroristica: era del gruppo che attaccò la sede di Charlie Hebdo
Vasta operazione antiterrorismo della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Genova, con arresti in Italia e all’estero, nei confronti di cittadini pakistani inseriti nel circuito relazionale diretto di Hassan Zaher Mahmood, il 27enne pachistano che il 25 settembre 2020, a Parigi, ha compiuto un attacco nei pressi della ex sede della rivista satirica Charlie Hebdo.
I dettagli dell'operazione
La cellula terroristica pakistana individuata dagli investigatori era pronta a comprare armi e stava reclutando sodali in Italia. Ciò è emerso emerge dall’indagine della Digos di Genova e dell’Antiterrorismo che ha portato all’arresto di 14 persone. «Tra due mesi compriamo armi», si dicono il capo della cellula italiana e il «maestro», pachistano di 33 anni. E, ancora, «ora bisogna andare in ogni città e trovare quelle 10 persone che mi servono.., più saremo, meglio è…..», si dicono mentre cercano un posto dove stare: "fammi lavorare due mesi, e poi troviamo una nostra «Tana» e facciamo il gruppo Gabar qui in Italia».
La cellula italiana
Il pachistano passato da Chiavari (Genova), secondo il gip, forniva il proprio contributo partecipativo all’associazione terroristica «... promuovendo a partire dall’aprile 2021, la formazione di una cellula sedente ed operante in Italia, attraverso il reclutamento di sodali, la individuazione di un covo (cd. Tana), l’acquisto di armi, offrendo ospitalità a sodali, mantenendo rapporti e contatti con personaggi al vertice della organizzazione». Al momento sono sei le persone arrestate in Italia e una in Spagna, nell’ambito dell’inchiesta sulla cellula terroristica pakistana sgominata dalla Digos di Genova e dall’Antiterrorismo. Due persone sono state arrestate a Genova, una a Firenze, una in provincia di Reggio Emilia, una a Bari, una a Treviso e l'ultima in Spagna.
Gli incontri documentati
Dall’estate 2021 gli investigatori hanno documentato numerosi incontri tra gli indagati che, periodicamente, hanno raggiunto il territorio italiano, in particolar modo a Fabbrico (RE), dove T. Y. si è stabilito e ha trovato lavoro. L’Italia, secondo gli inquirenti, era il luogo privilegiato per il supporto logistico del Gruppo Gabar. Una circostanza dimostrata anche dall’arresto a Lodi, a fine settembre 2021 di Ali Hamza, pachistano di 19 anni, su mandato di arresto europeo emesso dalla procura antiterrorismo di Parigi perché legato all’attentatore di Charlie Hebdo, al punto da essere stato incaricato di diffondere il video di rivendicazione dell’attacco una volta avuta la certezza che la progettualità fosse andata a buon fine. Da ultimo, l’impianto investigativo ha trovato una conferma in una recente operazione in Spagna che, a febbraio 2022 ha portato all’arresto di cinque persone, di cui almeno tre in contatto con gli odierni indagati e tutti riconducibili al Gruppo Gabar.
I video compromettenti
Inoltre, il pachistano in questione brandiva machete o coltelli di grandi dimensioni mimando insieme agli altri il «taglio della gola» per strada o dentro abitazioni il capo della cellula terroristica pakistana sgominata dalla Digos e dall’Antiterrorismo. E’ quanto emerge da video postati sui social. Spesso appare avvolto da tunica e copricapo neri mentre recita testi inneggianti alla violenza oppure mentre è in compagnia di connazionali.
Lo status di rifugiato
Aveva ottenuto lo status di rifugiato nel 2015 il 25enne pakistano, leader della costituente cellula Gabar in Italia, arrestato nell’ambito della maxi operazione antiterrorismo coordinata dalla Procura di Genova e della Dda. L’uomo, residente a Chiavari, era stato fermato in Francia per porto d’armi e aveva precedenti in Italia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.