«Vuoi che divento cattiva ed io divento cattiva». «Non me ne frega un c.., se no ti taglia la testa». «Adesso mi sono rotta il c... (...) le regole le faccio uguali per tutti io». E’ questo il tenore delle minacce usate da Caterina Giancotti, 45 anni, finita in carcere oggi e accusata di avere avuto un «ruolo di organizzatore» nel clan della 'ndrangheta di Rho, nel Milanese, stando a quanto emerge dalle intercettazioni contenute nelle oltre 1300 pagine di ordinanza cautelare a carico di 49 persone, eseguita dalla Squadra mobile e firmata dal gip Stefania Donadeo. Giancotti, stando agli atti, sarebbe stata «persona di estrema fiducia di Bandiera Cristian Leonardo», figlio dello storico boss Gaetano, e lo avrebbe aiutato «negli atti di intimidazione e nelle estorsioni, nel traffico di armi, nel commercio della sostanza stupefacente, sino a sostituirlo, in assenza di quest’ultimo, con potere decisionale».
In particolare, nel recupero crediti e nel traffico di cocaina. Il suo ruolo è aumentato «nel periodo tra il 23 ottobre e il 1° novembre 2020» in occasione «dell’assenza» di Cristian Bandiera, «ristretto all’interno del carcere di Bollate, poiché posto dall’Amministrazione Penitenziaria in quarantena fiduciaria». A quel punto, la donna lo ha «sostituito» nella gestione «delle attività illecite, coordinando» anche «i sottoposti» Antonio Procopio e Alessandro Furno, che avevano in lei «il loro punto di riferimento». A un debitore, ad esempio, diceva: «io non ti lascio tranquillo, perché oggi li devi portare». Spesso, si legge ancora, assumeva «la parte di intermediario per evitare conseguenze negative da parte di Bandiera» e diceva a chi doveva pagare frasi come queste: «Poi va a finire che uno perde la pazienza e si finisce a litigare e io voglio evitare».
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