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Unabomber: la Procura di Trieste riapre il caso dopo 16 anni

Accolta un'istanza giornalista. Annuncio del procuratore capo

Dopo 16 anni dall’ultimo attentato, la magistratura riaprirà le indagini sul caso Unabomber. Sarà la Procura di Trieste a farlo, come ha annunciato ai quotidiani del gruppo Gedi Il Piccolo e Messaggero Veneto il procuratore capo Antonio De Nicolo, accogliendo una istanza presentata dal giornalista Marco Maisano - autore, conduttore televisivo, al lavoro su podcast per OnePodcast - e da due donne vittime di Unabomber, Francesca Girardi e Greta Momesso. Titolari del nuovo fascicolo saranno De Nicolo e il pm Federico Frezza, ultimo pm a essersi occupato di Unabomber, le cui azioni vanno dal 1994 al 2006

Il principale sospettato poi scagionato: Anch'io sono vittima"

Bisogna chiedersi «se le indagini si riaprono in base a nuovi elementi oppure solo per una richiesta. Perché se così fosse, per quale motivo non si è continuato a indagare? Significherebbe che si è perso solo del tempo». A domandarselo è Elvo Zornitta, l’ingegnere di origini bellunesi, che vive ad Azzano Decimo (Pordenone), principale sospettato di essere Unabomber, poi scagionato. Zornitta è stato intervistato al Piccolo subito dopo la notizia della intenzione della procura di Trieste di riaprire il caso Unabomber.
«Ho perso la speranza che lo trovino. Anch’io sono vittima di Unabomber. Non sono rimasto mutilato fisicamente, ma le ferite dell’inchiesta che mi ha travolto sanguinano ancora», ha riferito al Piccolo sottolineando che il coinvolgimento nella vicenda gli ha fatto perdere il lavoro e accumulare debiti per pagare avvocati e periti. «Anche i miei genitori sono stati vittime», «segnati da questa vicenda». E in merito al risarcimento, afferma: «Il tribunale mi ha riconosciuto in maniera estremamente parziale un risarcimento. Ma si è messo di mezzo l’avvocatura dello Stato che ha presentato ricorso per non pagare nemmeno quel poco che mi era stato riconosciuto».

Chi è Unabomber

Unabomber è l'appellativo usato dalla stampa italiana, per analogia con il caso dello statunitense Theodore Kaczynski, per riferirsi a un personaggio mai identificato, autore di numerosi atti di violenza commessi in Veneto e Friuli negli anni 1990 e 2000. Si trattava di un bombarolo seriale la cui strategia, priva di un chiaro movente, consisteva nel collocare in luoghi pubblici o aperti al pubblico ordigni esplosivi improvvisati, che hanno procurato lesioni e menomazioni a chi vi si è imbattuto.

Le azioni attribuitegli sono, secondo le diverse ricostruzioni, 31 o 33, distribuite dal 1994 al 2006, con un periodo di quiescenza tra il 1996 e il 2000. L'autore (o gli autori) delle azioni è ignoto, non ha mai rivendicato i suoi atti, non ha mai lasciato tracce tali da portare alla sua identificazione (dimostrandosi molto abile in ciò) ed ha seminato il panico in una vasta zona dell'Italia nordorientale, incentrata sull'asse Pordenone-Portogruaro-Lignano Sabbiadoro.

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