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"Opzione donna" senza pace, il Governo lavora a nuove modifiche

Non c'è pace per Opzione donna. Anche la formulazione molto restrittiva messa nero su bianco in manovra potrebbe subire nuove modifiche. La clausola che lega l'uscita anticipata dal lavoro al numero dei figli continua a far discutere e il governo è al lavoro per trovare una soluzione. La partita si giocherà tutta in Parlamento, dove la manovra con i suoi quasi 36 miliardi di risorse e un tesoretto limitato di 400 milioni per le modifiche inizia il suo iter: un percorso ad ostacoli con molti nodi ancora aperti, a partire dal superbonus; ma anche una corsa contro il tempo, con l’approdo in Aula alla Camera già fissato per il 20 novembre.

L’ultima versione di Opzione donna, oggetto nei giorni scorsi di varie riscritture da parte del governo, appare molto restrittiva rispetto alla versione originaria, limitando la possibilità di andare in pensione anticipatamente a tre sole categorie di lavoratrici (caregiver, invalide almeno al 75% e licenziate o dipendenti di aziende in crisi); l’età è fissata a 60 anni, soglia che può scendere di un anno per ogni figlio fino ad un massimo di due. A preoccupare è proprio quest’ultima clausola, che rischia di penalizzare le donne che non ne hanno. L'argomento è stato al centro di riunioni informali alla Camera tra la ministra del lavoro Marina Calderone e alcuni esponenti della maggioranza. La strada appare stretta, legata anche al tema delle coperture, ma si sta cercando una mediazione e tra le ipotesi ci sarebbe quella di eliminare il passaggio, rinviando comunque l’intero tema alla riforma complessiva delle pensioni da fare il prossimo anno. Tema quest’ultimo che vede i sindacati già sul piede di guerra: con i tagli alle rivalutazioni si tolgono al sistema 17 miliardi in tre anni, attacca la Cgil, che con la Uil è già pronta alla mobilitazione (più cauta la Cisl). Tra i nodi rischiano di complicare il lavoro del governo c'è il problema dei crediti incagliati del superbonus. Forza Italia è in pressing da tempo per allargare le maglie delle nuove norme e ora anche FdI chide di allungare i tempi. Spunta, tra le proposte di modifica al decreto aiuti quater, l’ipotesi di posticipare il deposito delle Cilas - la comunicazione di inizio lavori che consente di utilizzare ancora il 110% da parte dei condomini - almeno al 31 dicembre e sbloccare i crediti d’imposta già maturati attraverso lo strumento degli F24: la palla, spiega il relatore e senatore di Fratelli d’Italia Guido Quintino Liris, è al Mef per le coperture.

Resta da capire anche il destino della norma sul Pos contenuta in manovra, oggetto di interlocuzioni con Bruxelles e tema strettamente legato all’attuazione del Pnrr. Sulla manovra sale anche il pressing dei governatori, che alzano l’allarme sui fondi per la sanità. Il presidente della Lombardia Attilio Fontana va oltre le appartenenze politiche e si «allea» al governatore della Campania Vincenzo De Luca per dire che le Regioni non accetteranno altre riduzioni dei fondi: "Anche io che voglio essere riportato quantomeno alla media nazionale. Noi siamo 8 euro a persona sotto la media nazionale». Parole che in Regione Campania vengono raccolte come «un ulteriore segnale politico al governo in vista della riunione decisiva di venerdì sulla questione». Intanto a Montecitorio tutto è pronto per iniziare l’esame sul testo: domani la commissione Bilancio avvia l’esame sul contenuto del disegno di legge per il parere al presidente della Camera, dopodiché venerdì partono le audizioni (anche del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti), con una settimana di tempo per presentare gli emendamenti (il termine è fissato al 7 dicembre). Un esame rapido di poco meno di tre settimane, con l'approdo in Aula il 20 dicembre. Al Senato solo un passaggio formale per non sforare il termine del 31 dicembre e incorrere nell’esercizio provvisorio.

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