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Palermo, studentesse denunciano: "Siamo nella lista delle più brave a letto". Bufera all'Università

Contestata la reazione della governance universitaria, concentrata sul fatto che la segnalazione della studentessa è stata diffusa attraverso un sito non ufficiale dell’Ateneo che, tuttavia, utilizza il logo dell’università.

Lo scorso 24 novembre una studentessa dell’università di Palermo ha denunciato sul blog di informazione Younipa un episodio di sessismo nell’ateneo, avvenuto negli scorsi mesi. La ragazza ha spiegato di essere in una lista di «studentesse dalle migliori prestazioni sessuali», redatta, pare, da un dottorando di ricerca del dipartimento di Economia di UniPa e diffusa attraverso dei gruppi whatsapp.

Appresa la notizia, un gruppo di studentesse del Collettivo Medusa ha lanciato un’assemblea d’ateneo per il 15 dicembre, alle 16, all’aula Cocchiara dell’edificio 12 del campus universitario.

«Episodi come questo ci fanno rendere conto di come uno spazio femminista all’Università sia necessario e che l'emancipazione delle donne oggi non sia affatto scontata, nemmeno negli ambienti accademici, tra i banchi dei dottorati, dove prende forma la classe intellettuale di domani. Nel mostrare solidarietà alla collega, sentiamo il dovere di puntare i riflettori sull'ambiente accademico che nasconde e protegge, legittimando, chi fa violenza sulle donne», dice Anna Taibi, studentessa di Beni culturali, che stigmatizza la reazione della governance universitaria, puntata sul fatto che la segnalazione della studentessa è stata diffusa attraverso un sito non ufficiale dell’Ateneo che, tuttavia, utilizza il logo dell’università.

Il blog, fino al 2016, aveva funzionato come mezzo di comunicazione degli studenti, ma da quel momento è passato in altre mani. «La loro soluzione - aggiunge Taibi - è stata quella di accusare di diffamazione la redazione del blog, senza proferire parola in merito ai fatti riportati. La mancanza di un dibattito pubblico intorno alla vicenda la rende ancora più grave, genera il rischio che il tutto venga nascosto e normalizzato e che non vengano messi in discussione i rapporti di potere vigenti all’interno del mondo accademico. Allora, per noi parlarne collettivamente tra studentesse, ricercatrici, professoresse diventa fondamentale».

Anche il movimento «Non una di meno» ha organizzato un volantinaggio alla facoltà di Economia in viale delle Scienze a Palermo per denunciare la violenza subita dalle studentesse del dipartimento che si sono ritrovate in una lista che le classificava secondo le loro prestazioni sessuali.

"La cosa -spiega il movimento - è stata resa nota da una lettera anonima scritta da una delle vittime e pubblicata il 24 novembre scorso sul sito Younipa. L’elenco, redatto da un dottorando del dipartimento e poi diffuso su Whatsapp, è poi arrivato anche tra le mani di un’associazione universitaria che, temendo ritorsioni, ha risposto di non poter far nulla, e al coordinatore di dottorato che non è intervenuto in alcun modo».

"Una volta venute a conoscenza di questa lettera, abbiamo sentito la necessità di far sapere a queste studentesse che non sono sole, e che c'è un movimento e una collettività transfemminista che non soltanto crede a quanto hanno subíto ma che è pronta a lottare con loro» afferma Nudm Palermo che ha organizzato il volantinaggio.

I volantini distribuiti a studenti e studentesse e lo striscione appeso davanti la facoltà oltre a parlare di solidarietà nei confronti delle studentesse e di critica rispetto a quanto accaduto, invitano la comunità studentesca e accademica ad una assemblea che si terrà il 21 dicembre alle 17.00 di fronte l’ex facoltà di Economia edificio 13 in viale delle Scienze. È stato anche distribuito un questionario online anonimo per chiunque volesse condividere la propria esperienza di violenza in ambito universitario e accademico. "L'accaduto non può essere ignorato né tantomeno sminuito, come evidentemente stanno provando a fare le istituzioni accademiche. D’altro canto, l’Università è uno spazio del potere maschio, bianco, eterosessuale, occidentale e sano, in cui la violenza di genere si produce e riproduce a tutti i livelli: nella violenza economica, nelle relazioni diseguali del carico di lavoro e del riconoscimento retributivo; delle possibilità accademiche; nei pregiudizi e negli stereotipi di genere che si accumulano negli interstizi del sapere; nelle disuguaglianze e nelle esclusioni», conclude.

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