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“Troppo fango su di me”: il reggino Valentino ritira la candidatura al Csm. Manca un nome

Giuseppe Valentino

«Per quanto vergognosa, inconcepibile e bugiarda nessuna palata di fango potrà mai scalfire la mia credibilità, la mia onorabilità e la mia onestà. Ritiro per questo motivo la mia candidatura al CSM». Lo afferma in una nota Giuseppe Valentino. Atto secondo dunque al Csm. Dopo la bufera del "caso Valentino", scoppiata in seguito alla decisione di Fratelli d’Italia di cambiare in corsa il proprio candidato, Giuseppe Valentino, risultato indagato in un processo di 'ndrangheta, il Parlamento in seduta comune deve tornare a riunirsi nelle prossime ore per eleggere il decimo componente da mandare al Consiglio Superiore della Magistratura. A imprimere l'accelerazione è stata la moral suasion esercitata dal Colle, si ragiona in mabienti parlamentari, che vorrebbe vedere l'organo di autogoverno dei magistrati nel pieno delle sue funzioni nel più breve tempo possibile dopo i 4 mesi di proprogatio di quello precedente presieduto da David Ermini. Deputati e senatori, infatti, erano stati convocati, per completare il quadro, martedì 24 gennaio.

Data indicata dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, che, dopo l’elezione di martedì degli altri 9 componenti laici del Csm, ha riportato le decisioni prese dalla Conferenza dei Capigruppo la scorsa settimana. A sorpresa invece si comunica l’accelerazione. Oltre alla moral suasion del Colle, ci sono anche altre scadenze che incombono e che «sarebbe bene affrontare» con il nuovo Csm al completo, a cominciare dalle inaugurazini dell’anno giudiziario in Cassazione e nelle varie Corti d’Appello, si spiega. In più, si fa notare nel centrodestra, l’accordo sul nuovo candidato di Fratelli d’Italia, Felice Giuffré, «ormai è stato trovato» e "non dovrebbero esserci sorprese». Pertanto sarebbe «inutile aspettare un’altra settimana».

Nel frattempo, però, il giorno dopo il "caso Valentino", la polemica nella maggioranza non si placa. E sono molti quelli che continuano a parlare di «vicenda mal gestita» e di «dilettanti allo sbaraglio». Perché «si sarebbe dovuto sapere prima che Valentino era indagato» e che dei «5 Stelle non ci si può mai fidare». Soprattutto in Fratelli d’Italia, si sostiene che «un accordo senza di loro sarebbe stato possibile» consentendo al Pd di avere «due candidati». Invece, è il rimprovero che viene rivolto a chi nel partito ha gestito la partita, si è voluto «accontentare tutti» non pensando che poi alla fine i parlamentari di Giuseppe Conte «non avrebbero rispettato i patti». La scelta di non sollevare per tempo la questione che Valentino, già senatore e sottosegretario alla Giustizia, fosse indagato «è stata fatta apposta per metterci in difficoltà proprio al momento del voto costringendoci a cambiare candidato in corsa e a fare la figura che abbiamo fatto ieri».

Senza contare, si aggiunge, che il M5S non ha votato neanche il nome indicato dai renziani, il cosentino Ernesto Carbone, e che quelli del Terzo Polo, hanno quindi ignorato il prescelto pentastellato, Michele Papa. Polemiche a parte, nel caso in cui Felice Giuffrè dovesse passare, resterebbe aperta la questione su chi possa aspirare poi alla vicepresidenza. E sono molti nel centrosinistra a ipotizzare che alla fine possa farcela Roberto Romboli voluto dal Pd. Non solo il costituzionalista di Pisa è risultato il più votato, con 531 preferenze, ma, si sottolinea, «potrebbe anche ricevere il gradimento di non pochi togati». Nell’attesa di capire come andrà a finire, tra i parlamentari del Terzo Polo si fa notare anche un’altra cosa: il candidato Dem «ha preso il voto di tutti, mentre i parlamentari del Pd hanno votato come gli pareva senza rispettare gli accordi».

Gli altri laici eletti al Csm, infatti, hanno incassato al massimo tra i 521 e i 519 voti come le 3 donne in quota Fdi e Lega, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Rosanna Natoli e Claudia Eccher. Mentre Carbone, il meno votato, ne ha ottenuti solo 399. «Il che dimostra che il Pd e i 5S non sono affidabili», evidenzia con malcelato astio un senatore del Terzo polo. Intanto, in linea con l’impegno preso dalla premier Giorgia Meloni a Palermo dopo l’arresto del boss Matteo Messina Denaro, la maggioranza accelera sull'istituzione della commissione Antimafia. Alla Camera inizia l’iter in Commissione Affari Costituzionali del ddl che dalla prossima settimana è atteso in Aula.

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