
Non c'è stato il cosiddetto effetto "bandwagon", la tendenza, spesso irresistibile, di salire in massa sul carro del vincitore: Fratelli d’Italia non ha asfaltato gli alleati, non li ha cannibalizzati, come ipotizzato da più parti alla vigilia del voto di oggi. E ora, ad Arcore come a via Bellerio, sono in tanti a tirare un sospiro di sollievo, in un clima da pericolo scampato. Dati confortanti che non solo rafforzano la tenuta del governo e la compattezza del centrodestra, ma escludono con forza ogni prospettiva di «redde rationem» per le leadership dei due partiti. Insomma, tutto sommato questo test elettorale, seppure parziale, conferma gli equilibri interni alla coalizione fotografati dal voto del 24 settembre: non c'è stato alcun terremoto, a palazzo Chigi non governa il monocolore del partito di Meloni, l’alleanza resta «plurale». E tutti possono accendere i riflettori su un gioco di squadra che ha funzionato. Tra i 'patriotì c'è però chi, come la ministra del Turismo Daniela Santanchè, pone l’accento sul primato dei "Fratelli d’Italia", arrivando a ribattezzare il nome dell’alleanza: «La nostra coalizione con Fdi trainante, il destra centro, convince sempre di più», rimarca da Milano. Da Forza Italia nessuna particolare reazione: «Non sarà un’evoluzione semantica - commentano sornioni alcuni azzurri - a modificare l’esito elettorale. Forza Italia c'è e rimane un perno fondamentale della maggioranza». Insomma, oggi il sentimento prevalente non è la tensione ma il sollievo, reso esplicito dalle parole di un alto dirigente azzurro: «La verità è che abbiamo salvato la pelle...Nel Lazio, dove la partita era durissima, andiamo addirittura avanti di tre punti...In Lombardia, dove con la candidatura Moratti eravamo oggetto di una vera aggressione, abbiamo tenuto. Più di così? «Altre fonti azzurre fanno notare che le elezioni amministrative, in cui Silvio Berlusconi non è candidato, per Forza Italia sono sempre una prova difficile. E invece, stavolta, gli azzurri parlano di un voto prova di «vitalità» e «resistenza». Lo stesso sentimento che sta vivendo la Lega: da mesi la leadership di Matteo Salvini era stata messa nel mirino. Contro di lui veniva evocata non solo la latente concorrenza del cosiddetto «partito dei governatori» ma si parlava molto dei possibili danni causati dalla scissione di alcuni consiglieri regionali lombardi vicini a Umberto Bossi. Invece, si riflette oggi nel partito verde, «molto rumore per nulla». I dati deludenti di Letizia Moratti - riflettono dirigenti leghisti lombardi - dimostrano che l’ex Presidente della Rai non ha pescato minimamente nel centrodestra, e quindi nella Lega. Ma il successo di Rocca e la conferma di Fontana, secondo la Lega, sono la prova che la nuova strategia comunicativa di Matteo Salvini, lavorare a testa bassa sui dossier del suo ministero, sulle infrastutture, sulle strade, sui ponti, sulle grandi opere, sta cominciando a dare i suoi frutti.
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