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Il re di TikTok Khaby Lame vince il premio Damiani e a Taormina racconta "la perenne sfida con se stessi"

Faceva il muratore, poi durante la pandemia arriva il successo e oggi racconta: "Ho promesso a mia madre che un giorno guarderà sul suo comodino il mio Oscar"

E’ sbarcato in Italia, dal Senegal, a un anno: ora ne ha 23, vive da sempre a Chivasso, ha ottenuto la cittadinanza italiana e lo status di tiktoker forse più popolare al mondo. È esploso in piena pandemia, passando dall’anonimato alle gag con Djokovic e Ibrahimovic, oggi, forse, meno noti di lui che viaggia sugli oltre 100 milioni di follower su TikTok e oltre 60 su Instagram: numeri che lasciano perplesso ogni mortale analogico.

Khaby Lame arriva al Palazzo dei Congressi di Taormina tutto solo perché Bella Thorne è passata da curatrice dell’“evento” “Influential shorts”, a curata: pare che il party post teatro, prolungatosi fino alle cinque del mattino, abbia lasciato il segno sull’attrice. E neanche gli altri “friends” si sono visti nei paraggi del Palazzo. Ad aspettare il creator una piccola folla di delusi anche se la proiezione di corti diretti da influencer è stata accolta in maniera piuttosto tiepida dal pubblico taorminese: meno di cinquecento spettatori, accreditati compresi, al Teatro Antico, che ne contiene circa 4500.

Khaby Lame, invece, nonostante la fatica delle registrazioni di “Italia’s got talent”, si presenta puntuale in abito giallo e sparge il suo verbo per influenzare gli influenzabili, cioè i ragazzini: «Ho iniziato nella mia cameretta a realizzare video senza pretese ma ci mettevo il cuore pur non disponendo di un’attrezzatura costosa che non potevo permettermi, lavorando come muratore. Per arrivare serve la testa: se vuoi fare l’astronauta e qualcuno ti dice che è troppo difficile, ti trasmette i suoi limiti. Io conosco i miei e cerco di superarli ogni giorno. Volare dipende solo da noi. Ragazzi, non piove sempre, prima o poi arriva il sole. E, in ogni caso, bisogna sopravvivere alla tempesta, starci dentro. Il lavoro duro ripagherà sempre. Se si fallisce, si ricomincia. Bisogna superare le barriere che si frappongono tra noi e ciò che vogliamo ottenere». Che, una volta era il posto fisso, oggi è un posto almeno alla Nasa, meglio se a Hollywood come attore o, al limite, come regista. Ma, su tutti, domina lui: l’influencer.

Al Taormina Film Fest, Khaby – che ha ricevuto il premio Damiani – ha presentato il corto “I am Khabane”, in cui ha raccontato la sua vita: «Io e Adriano Spadaro abbiamo messo grande attenzione ai dettagli: prima abbiamo abbozzato una storia, poi siamo passati a scegliere la camera giusta e i posti adatti e abbiamo deciso di girare negli States. Credo che il risultato ci abbia premiati. Ho scoperto, però, quanto sia diverso pubblicare i video sui social e fare un film, anche se breve: spero di andare oltre. Ho promesso a mia madre che un giorno guarderà sul suo comodino il mio Oscar. Nessuno fermerà il mio sogno. Non vincerò l’Oscar? Sicuramente ci proverò». E a proposito di Oscar: «Mentre realizzavo i primi video nella mia stanza, guardavo “Il principe di Bel Air” e volevo diventare Will Smith. Quel sogno lo coltivo ancora. Il pugilato mi ha insegnato che la vita è un ring in cui cadi ma poi ti rialzi». Continua a ruota libera: «I superpoteri? Se li avessi, vorrei aiutare il prossimo, come fa Super Easy, il personaggio del fumetto che ho creato. Fortunatamente non ho subito forme di razzismo perché a Chivasso ho sempre vissuto nelle case popolari: ci sono il rumeno, il nero, il marocchino, tutti. Penso sempre a Usain Bolt, voleva diventare l’uomo più veloce della terra: s’è impegnato e ce l’ha fatta». E magari, chissà, c’entra anche quella cosa chiamata talento.

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