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Omicidio di Primavalle, palloncini e striscioni per Michelle. Il Vescovo: "Dite no alle droghe e alle mode omicide"

Palloncini bianchi, uno striscione: «Sempre con te amore nostro» e un fiume di gente che non sa darsi pace. C'è questo fuori dalla parrocchia di Santa Maria della Presentazione di via di Torrevecchia, a Roma, dove tra poco arriverà il feretro di Michelle Maria Causo, la 17enne uccisa la settimana scorsa a Primavalle.

«Chi ha il dovere di fare giustizia lo farà, non bisogna farsi giustizia da soli. Michelle era una ragazza di questo quartiere: la famiglia è distrutta dal dolore. Io non ho parlato, ma sono stato lì da loro è ho detto: "Sono accanto a voi". Così all’AGI il Vescovo Baldo Reina, ausiliare del settore Ovest della diocesi di Roma, prima dei funerali di Michelle Maria Causo, la 17enne barbaramente uccisa mercoledì della scorsa settimana a Primavalle, periferia di Roma.

«Oggi, davanti alla bara di Michelle ci sentiamo tutti sconfitti e affranti. Davanti alla morte di questa nostra sorella come prima cosa ci dobbiamo fermare; dobbiamo togliere i sandali delle nostre tante certezze e avere l'onesta di compiere un sano e sincero discernimento». Lo ha detto il vescovo Baldo Reina durante il funerale di Michelle Causo, la ragazza uccisa nel quartiere di Primavalle a Roma La morte di Michelle, ha avvertito il vicegerente della diocesi di Roma nella sua omelia, «ci pone delle domande come Chiesa e come Società Civile. Dove stiamo andando? Siamo coscienti o no che la nostra è una crisi di civiltà? Cosa stiamo offrendo ai nostri giovani? Ce la sentiamo ancora di dire che stiamo costruendo un futuro per loro, oppure siamo diventati tutti complici di progetti di morte?». «Sono domande forti. Lo so - ha osservato Reina -. Ma sono domande che, penso, tutti portiamo dentro e che ci invitano ad un attento esame di coscienza! Questa società nella quale tutti siamo immersi e di cui siamo parte integrante, non ha forse perso la bussola? Il degrado non è in un quartiere o in una periferia. Il degrado è nel cuore di ognuno di noi. Il degrado è nella cultura che respiriamo, nella mentalità che tutti contribuiamo a creare, nel deserto dell’anima, immolando sull'altare dell’egoismo umano vittime sacrificali». «La morte di Michelle ci deve mettere tutti quanti in discussione perché quello che è successo a lei poteva succedere a chiunque. Anzi. Per certi versi si è già consumato in ognuno di noi!», ha aggiunto mons. Reina. «E non possiamo immaginare che non possa venire niente di buono da questa morte - ha detto ancora -. Vediamo il vuoto, avvertiamo la mancanza, subiamo l’ingiustizia di questo male compiuto, siamo nel buio della terra che l’ha divorata. La terra, la nostra città, questo quartiere, l’angosciante dilemma delle cause, degli intrecci, dei disagi inascoltati, di agenzie educative andate in tilt tra la frenesia di una società che impone solo una corsa insensata. Ancora più dolore provoca la storia dei suoi ultimi momenti che vorticano nella nostra testa amplificando quella domanda che rivolgiamo al cielo, per tornare alla terra, tra noi: perché?».

«Abbiamo tutti bisogno di salvezza, di essere riscattati da quanto inchioda disperatamente la nostra esistenza. Abbiamo bisogno di salvezza in questo momento storico durante il quale ci sentiamo immersi in una crisi di valori senza precedenti che tutti ci divora e disorienta», ha proseguito il vescovo Reina nella sua ampia argomentazione, ponendo l’accento su «tutto quello che oggi ci fa pensare soltanto a una fine senza ritorno, che ci fa sentire insostenibile l’assenza di Michelle, offesa e trafitta la sua bellezza, i suoi sogni dissolti, interrotti i suoi progetti, soffocato il respiro della sua giovinezza».

«Vorremmo dirlo subito che Michelle non è morta, ma vive. Ma ora noi stiamo di fronte al suo corpo morto, straziato. Questo suo corpo porta i segni del male che l’ha ucciso», ha continuato, invitando a credere «che il frutto verrà, che questa morte non sarà vana. Che da qui, proprio da questa bara sapremo ripartire, sapremo rialzarci, sapremo vivere da risorti camminando in una vita nuova». E «oggi, davanti alla bara di Michelle», ha esortato «a prenderci cura della vita e a rialzarci». Secondo il presule, questo «Gesù lo direbbe ai ragazzi: 'custodite la vita; una volta per tutte dite di no alle droghe, ai crack, alle sostanze. Custodite la vita perché voi siete preziosì. Non smettere Signore di sussurrare ai giovani quanto è importante che si prendano cura della loro vita; che non facciano le cose perché le fanno tutti, che non sprechino la vita dietro mode omicide, che abbiano il coraggio di dire di no agli spacciatori di morte, che voltino le spalle a chi li considera merce di scambio, a chi li svende per un mucchio di denari, a chi li confonde dicendo che sballo è felicità mentre è solo un terribile baratro che inghiotte corpi e coscienze». «Lo direbbe a noi adulti - ha aggiunto -: 'custodite i ragazzi che non sono solo il futuro ma sono il presente di ogni società, custodite i loro sogni, la loro bellezza, la loro generosità'. Lo direbbe ai genitori: 'custodite i vostri figli. Accompagnateli nella difficile sfida educativa". Lo direbbe alla chiesa: 'custodite i giovani, andateli a cercare dove vivono, dove si divertono, dove passano il tempo. Non li aspettate in chiesa, uscite, cercateli, state con loro, amateli". Lo direbbe ai politici: 'custodite i giovani creando per loro opportunità di sviluppo integrale, prospettive vere di impegno e di lavoro, progetti di società in cui loro siano davvero protagonisti". I giovani vi chiedono centri di socializzazione tutti per loro, ambienti più sicuri, luoghi più accoglienti». L’appello di Gesù, ha concluso, «sarebbe soprattutto rivolto in questa circostanza alle agenzie educative: 'custodite i ragazzi, non stancatevi di accompagnarli nel processo di maturazione umana, per favore parlate dei Valori! Solidarietà, giustizia, bene comune, rispetto della vita, rispetto del creato… testimoniandoli voi per primi».

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