
Viaggiava ad almeno 70 chilometri l’ora, in un punto in cui il limite è di 50, Angelika Hutter, l’automobilista tedesca 32enne che giovedì scorso, a Santo Stefano di Cadore, ha falciato una famiglia con la propria vettura.
Tre le vite spezzate, quella di un bambino che il 16 luglio avrebbe compiuto due anni, Mattia, che al momento del tremendo impatto era ancora vivo mai poi ha cessato di vivere in ospedale, quella di un uomo di 48 anni, Marco Antoniello (papà di Mattia) e di una donna di 64 anni che si stava godendo la pensione, Mariagrazia Zuin, la nonna materna di Mattia.
Sui corpi delle vittime, tutte originarie di Favaro Veneto in provincia di Venezia, sarà effettuato l’esame cadaverico esterno mentre è stato esclusa l’autopsia.
E' quanto conferma il video acquisito dai Carabinieri di Belluno da un autofficina che mostra l’Audi nera sfrecciare a velocità palesemente forte in un tratto rettilineo alcuni secondi prima del terribile impatto. L’esercizio è quello di Silvano Da Rin, che assieme al comandante dei Carabinieri della stazione locale è stato il primo a trovarsi davanti la scena dell’investimento.
I militari hanno anche raccolto le parole di un testimone che ha visto la donna litigare furiosamente con una persona, salire in macchina e ripartire sgommando pochi attimi prima del tragico epilogo.
Una delle ipotesi che non viene esclusa è che l'investimento della famigliola di Favaro Veneto (Venezia) possa essere stato deliberato, frutto di una rabbia incontrollata. Ad avvalorare questa tesi la mancanza di qualsiasi segno di frenata, il fatto che in quel punto la strada fosse rettilinea e che i militari, che anche oggi hanno compiuto un sopralluogo per ulteriori verifiche, non abbiamo accertato alcun segno di sbandata prima del punto di impatto.
Dopo la tragedia
Appena scesa dall’auto presa a noleggio, Angelica Hutter è apparsa visibilmente in stato confusionale e non completamente presente a se stessa. A rendere increduli sia i testimoni dell’accaduto che gli stessi militari è stata soprattutto la sua totale indifferenza rispetto all’accaduto.
Non uno sguardo al sangue sul selciato della strada regionale 355 che conduce a Sappada, nessuna parola di rincrescimento per la tragedia provocata, neppure una lacrima. Anche in caserma, con l’ausilio di una traduttrice, non ha mostrato segni di dolore per le tre vittime, lo sguardo perso nel nulla.
«Sono disoccupata, mi trovo qui perché sto facendo un giro in Italia» si è limitata a dire, chiudendosi poi nel silenzio.
L'auto era da giorni la sua casa
Scavando nel suo recente passato si è scoperto che l’auto era da giorni la sua casa, come dimostrano le coperte, gli indumenti sporchi e le verdure sparsi un po' ovunque all’interno dell’abitacolo. E che alcuni giorni fa era stata denunciata a Bolzano perchè trovata in possesso di oggetti atti ad offendere.
Ora il lavoro degli investigatori si sta concentrando sulle cause più probabili di quanto avvenuto, forse concomitanti: l'alta velocità e l’uso in quel momento del cellulare, due elementi che spiegherebbero la perduta di controllo improvvisa del veicolo. Per questo si stanno analizzando le cellule telefoniche agganciate e si continuano a raccogliere le testimonianze di chi ha assistito alla tragedia.
Nel frattempo ci si interroga su come evitare che drammi del genere possano ripetersi. «Abbiamo chiesto di utilizzare dei dissuasori per tentare di ridurre la velocità in quel punto - racconta il sindaco Oscar Meneghetti - ma non è stato possibile». Un autovelox a pochi passi dal luogo dell’impatto non è attivo da tempo. «Non c'è il personale - spiega sconsolato - per farlo funzionare».
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