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Ponte sullo Stretto, la visione della prof. messinese Francesca Moraci: "Le preoccupazioni non creano il futuro"

E' tra i massimi esperti europei di pianificazione territoriale. La spiegazione del perché, con il collegamento stabile, lo Stretto diventa sempre più centrale nei nuovi scenari del Mediterraneo. E tutto quello che deve essere fatto nei prossimi anni

«Perché oggi lo Stretto e la Sicilia sono al centro di un progetto mediterraneo molto sfidante? Che cosa è cambiato?». A porre la domanda, e a provare a dare le risposte, è l’arch. Francesca Moraci, docente all’Università di Reggio Calabria e tra i massimi esperti, a livello europeo, di pianificazione territoriale. «Rispetto al passato – spiega la professoressa – si è presa coscienza collettiva che la mobilità, di merci e persone, è ormai un diritto sociale nella logica di rete e di flussi, un valore, un asset. La prima condizione, quindi, nell’analisi dell’Area dello Stretto e del nuovo sistema infrastrutturale, è questa: il posizionamento del Paese nell’Euromediterraneo e le connessioni mare-terra in una logica economica e di qualità della vita. Connessioni in termini infrastrutturali materiali e immateriali per la costruzione di una visione nell’Euromediterraneo che verrà. L’altra condizione, in vista della necessaria costruzione di una visione complessa è la lettura dinamica in chiave geopolitica (che da sola non basta) nel dialogo progettuale con gli investimenti in infrastrutture».

Lo scenario è cambiato

«Nelle more delle tessiture e del disfacimento di “soluzioni” per questo nodo irrisolto del Paese e del Sud, è cambiato lo scenario euro-mediterraneo, e non è cambiato soltanto rispetto alle nuove rotte artiche, modificando alcuni flussi del sistema portuale e connessioni via terra, o all’emigrazione, ma è cambiato proprio rispetto a eventi geopolitici anche molto recenti, mi riferisco certo al Covid, ma alla guerra in Ucraina (già in parte era accaduto con la “Brexit”) e ovviamente, a nuovi conseguenti “posizionamenti” strategici, tra cui anche quello della Turchia, nel nuovo scacchiere mediterraneo e di una rinnovata Nato. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che noi stiamo faticosamente conquistando, o meglio abbiamo l’opportunità di costruire una posizione di “player” nel Mediterraneo in termini competitivi, nel sistema dei flussi, anche rispetto all’energia (di cui la Sicilia ne è la porta principale). Posizione di cui per molto tempo ci siamo dimenticati di giocare o meglio abbiamo subito scelte politiche e non le abbiamo determinate».
Le Reti Ten-t «Ciò che è accaduto nel luglio del 2022 lo dimostra – prosegue Francesca Moraci –. Infatti, guarda caso, oltre alle modifiche e indicazioni date al pacchetto delle Reti Ten-T del 2021, nel 2022 c’è stata un’ultima modifica delle stesse Reti che ha rafforzato i Balcani. In particolare, dal nuovo corridoio “Mar Baltico-Mar Egeo-Mar Nero” che connette il porto greco del Pireo e il porto di Limassol a Cipro con i porti baltici di Svezia, Finlandia e Danimarca e con quelli di Polonia (Danzica) ed anseatici (Amburgo, Kiel). Una estensione del Corridoio che rafforza i porti egeo-turchi-mar Nero e Baltico, in competizione con lo Scandinavo-Mediterraneo, penalizzando la portualità del quadrante occidentale del Mediterraneo e in particolare la nostra. Ben si capisce che ogni rallentamento sullo Scan-Med favorisce il rafforzamento dell’altro che gioca sul fronte Suez e medio-orientale».

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