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Putin impone alla Wagner di giurargli fedeltà: "Una menzogna l’accusa di aver ucciso Prigozhin"

Un giuramento di fedeltà per garantirsi da ogni ribellione futura: è quanto ha imposto per decreto Vladimir Putin non solo alla Wagner ma a tutte le milizie private spuntate come funghi in Russia negli ultimi anni e prosperate con il conflitto in Ucraina.

Un segnale preciso che il Cremlino intende continuare nel processo di normalizzazione anche dopo la scomparsa di Yevgeny Prigozhin, rimettendo ordine nelle forze armate e riducendo al silenzio quell'ala nazionalista estremista che negli ultimi mesi, in assenza di un’opposizione democratica, aveva portato la più grave minaccia all’establishment. Quanto ai sospetti di aver ordinato egli stesso l'eliminazione di Prigozhin, Putin non risponde personalmente ma lascia che siano altri a farlo.

Prima il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che ha parlato di «una menzogna assoluta», e poi l'alleato di sempre Aleksandr Lukashenko. «Non posso immaginare che Putin abbia fatto questo, è una cosa troppo rozza, troppo poco professionale», ha detto il presidente bielorusso, che secondo la versione ufficiale avrebbe mediato l’accordo che il 24 giugno mise fine alla ribellione della Wagner e garantito l'incolumità a Prigozhin.

Oggi Lukashenko ha fatto sapere che il capo della Wagner non gli aveva mai chiesto una tale garanzia e che quindi lui non era tenuto a salvargli la vita, ma aveva voluto ugualmente mettere in guardia lui e il comandante militare della compagnia, Dmitry Utkin, anch’egli sull'aereo schiantatosi due giorni fa nel volo da Mosca a San Pietroburgo.

Intanto il Comitato investigativo che conduce le indagini sullo schianto ha annunciato di aver recuperato le scatole nere e i corpi di tutti i 10 occupanti del jet, che ora sono sottoposti al test del dna. Lukashenko ha anche smentito che i miliziani della Wagner accolti in Bielorussia stiano abbandonando il Paese, come sembrerebbero provare alcune foto satellitari che mostrano lo smantellamento di una parte delle tende in uno dei due campi della compagnia allestiti nel Paese, vicino a Osipovichi, nella regione di Mogilev. «Non stanno scappando da nessuna parte», ha assicurato il presidente, secondo il quale un «nucleo» composto di «fino a 10.000» miliziani rimarrà nel Paese. Probabilmente per attività di addestramento delle forze bielorusse, come aveva annunciato recentemente lo stesso Lukashenko.

Ma il think tank americano Institute for the Study of War sostiene che il Cremlino già da tempo ha rifiutato di pagare Minsk per il mantenimento dei wagneriti. Anche questa una decisione presa nell’ambito della «campagna volta a indebolire, contenere e distruggere l’organizzazione in seguito alla ribellione armata del 24 giugno». Secondo diverse fonti, il Cremlino avrebbe lavorato anche a recidere le radici della Wagner in Africa e il Wall Street Journal scrive che Prigozhin avrebbe inutilmente cercato di opporsi con la sua ultima missione nei giorni scorsi nella Repubblica Centrafricana, dove avrebbe incontrato il presidente Faustine-Archange Touadera e ribelli sudanesi dai quali avrebbe ricevuto lingotti d’oro in cambio della fornitura di missili. "Ho bisogno di più oro», avrebbe detto loro il capo della Wagner.

Quell'oro non ha fatto in tempo ad arrivare, e comunque ben difficilmente avrebbe potuto permettere a Prigozhin di recuperare quel potere che si è giocato nella ribellione di due mesi fa. Anche il suo ex amico, il comandante ceceno Ramzan Kadyrov, ricorda ora di aver cercato inutilmente di convincerlo ad «abbandonare le sue ambizioni personali a favore di questioni di primaria importanza nazionale». Ma senza successo. E oggi Putin si è voluto assicurare che nessun capo-milizia o esponente nazionalista - come Igor Girkin, arrestato il mese scorso - osi seguire l’esempio di Prigozhin sulla via della ribellione. Di qui il decreto con il quale ha ingiunto ai membri di tutte «le formazioni volontarie» di giurare solennemente davanti alla bandiera «fedeltà alla Federazione, di osservare la Costituzione e seguire scrupolosamente gli ordini dei comandanti e dei superiori». Ciò che il capo della Wagner non ha fatto.

 

 

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