Grazie alla «coesa struttura», alle sue «capacità militari» e al «forte radicamento nel territorio, la 'ndrangheta si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni (Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna)». Lo scrive la Dia nella sua Relazione relativa al secondo semestre 2022. «Proiezioni - spiega il documento - che si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania e Romania), il continente australiano e quello americano (Canada, USA, Messico, Colombia, Brasile, Perù, Argentina, Australia, Turchia ed Ecuador)».
Nel secondo semestre del 2002 la Dia ha sequestrato beni per 31 milioni di euro (a fronte dei 92,8 milioni sequestrati nel primo semestre dello stesso anno) e confiscato beni per 181,4 milioni (43,4 nel primo semestre). Nel periodo in questione, i sequestri hanno colpito per 0,7 milioni la 'ndrangheta, per 1,2 milioni Cosa nostra, per 6,4 milioni la camorra e per 22 milioni altre organizzazioni criminali; le confische hanno riguardato per 177,6 milioni la 'ndrangheta, per 1,1 milioni cosa nostra, per 1,2 milioni la camorra e per 1,4 milioni altre organizzazioni.
Nel Nord Italia individuate 46 'locali'
«Fuori dalla regione d’origine, le cosche calabresi, oltre ad infiltrare significativamente i principali settori economici e produttivi, replicano i modelli mafiosi basati sui tradizionali valori identitari, con proiezioni che fanno sempre riferimento al 'Crimine,' quale organo unitario di vertice, che adotta ed impone le principali strategie, dirime le controversie e stabilisce la soppressione ovvero la costituzione di nuove locali». Va ricordato che «le inchieste ad oggi concluse hanno permesso di individuare nel Nord Italia 46 'locali', di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. Più di recente, anche in Emilia Romagna le attività d’indagine hanno gradualmente disvelato una ragguardevole incisività della 'ndrangheta».
Cosa nostra continua a mantenere il controllo del territorio
«Cosa nostra manterrebbe ancora il controllo del territorio in un contesto socio-economico tuttora fortemente cedevole alla pressione mafiosa. Nonostante le numerose attività di contrasto eseguite nel tempo cosa nostra continuerebbe a manifestare spiccate capacità di adattamento e di rinnovamento per il raggiungimento dei propri scopi illeciti. Essa, infatti, continua ad evidenziare l’operatività delle sue articolazioni in quasi tutto il territorio dell’isola con consolidate proiezioni in altre regioni italiane e anche oltreoceano tramite i rapporti intrattenuti con esponenti di famiglie radicate da tempo all’estero». E’ quanto scrivono gli analisti della Dia, spiegando come «l'ormai consolidata strategia di sommersione dettata dalle organizzazioni siciliane» preveda «il minimale ricorso alla violenza al fine di evitare allarme sociale e garantire, nel contempo, un 'sereno' arricchimento economico tramite l’acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere».
In Sicilia cresce la "capacità attrattiva" sui giovani
Ancora oggi «la criminalità organizzata siciliana risulterebbe esercitare una 'capacità attrattiva' sulle giovani generazioni, coinvolgendo non solo la diretta discendenza delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, un bacino di utenza più esteso al fine di ampliare la necessaria manovalanza criminale». In particolare, nello spaccio al minuto di sostanze stupefacenti, i clan «ricercherebbero manovalanza anche tra i più giovani nelle periferiche e più degradate aree urbane».
Camorra: grandi clan evoluti in "imprese mafiose"
«Le province di Napoli e Caserta rimangono i territori a più alta e qualificata densità mafiosa. E’ qui, infatti, che si registra la presenza dei grandi cartelli camorristici e dei sodalizi più strutturati i quali, oltre ad aver assunto la gestione di tutte le attività illecite, si sono gradualmente evoluti nella forma delle cosiddette 'imprese mafiose' divenendo nel tempo competitivi e fortemente attrattivi anche nei diversi settori dell’economia legale». La Dia evidenzia anche «la crescente tendenza dei clan più evoluti a 'delocalizzare' le attività economiche anche all’estero per fini di riciclaggio e di reinvestimento con l’obiettivo di trasferire le ricchezze in aree geografiche ritenute più sicure e più remunerative». Mentre «ad un livello inferiore, si rilevano gruppi minori, non di rado in posizione strumentale e funzionale alle organizzazioni sovraordinate, dediti prevalentemente ai tradizionali affari illegali quali lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni e l’usura che incidono in maggior misura sulla sociale percezione di insicurezza».
Mafia pugliese: il trend si conferma in crescita
Nello scenario mafioso pugliese «le diverse costellazioni di clan e di sodalizi, tra loro in altalenanti rapporti di conflittualità ed alleanze, proseguono il loro percorso in ascesa verso l’acquisizione di forme imprenditoriali sempre più complesse e strutturate. Le organizzazioni criminali della regione, infatti, benché continuino ad esercitare variegate modalità di controllo militare del territorio, sembrerebbero orientarsi verso l’attuazione di un mirato ed evoluto modello di mafia degli affari». E’ quanto si legge nell’ultima Relazione semestrale della Dia, che conferma «il trend in crescita delle mafie pugliesi nella tradizionale distinzione tra mafie foggiane, camorra barese e sacra corona unita». «I percorsi di infiltrazione mafiosa nei circuiti economico-imprenditoriali - spiegano gli analisti - traggono origine dal considerevole afflusso di capitali illeciti derivanti dal traffico, anche internazionale, di stupefacenti e dagli ingenti profitti discendenti dalla recrudescenza del fenomeno estorsivo, attuate con prevaricanti strategie intimidatorie dalle organizzazioni criminali pugliesi ai danni di attività imprenditoriali e commerciali».
Le mafie puntano al Metaverso, attenzione al web
Il nuovo fronte sul quale puntano le mafie è quello del Metaverso. La relazione pone l’attenzione sulle piattaforme di comunicazione criptate e, in generale, su internet e darkweb. Il documento presenta un focus proprio sul nuovo scenario "rispetto al quale Europol - si legge - ha già evidenziato le potenziali criticità». Si sottolinea, infatti, la capacità delle organizzazioni criminali «di cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale». Indagini condotte di recente in Italia «hanno permesso di rilevare un crescente impiego di criptotelefoni da parte dei soggetti appartenenti a sodalizi di criminalità organizzata di matrice campana, calabrese, siciliana ed anche straniera, segnatamente albanese». Ciò impone l’adozione di tecniche «all’avanguardia e funzionali ad implementare servizi d’intercettazione in grado di decifrare le conversazioni criptate degli indagati». Non solo: «la circostanza ha posto in rilevo criticità emergenti anche sul piano giuridico», legate in particolare ad «una recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha messo in discussione la legittimità dell’acquisizione di fonti di prova ottenute tramite attività investigative delle forze di polizia di alcuni Stati membri dell’Ue (dove vige una legislazione diversa da quella italiana, ndr) che hanno decifrato conversazioni intercorse con l’utilizzo dei criptotelefoni». In sostanza, «il tema dell’impiego di criptotelefoni da parte della criminalità organizzata sottende ad una tematica più ampia, connessa da una parte all’utilizzo della crittografia, di cui i criptotelefoni sono una delle possibili applicazioni, da parte di gruppi criminali autoctoni, nonchè stranieri; dall’altra all’armonizzazione dei singoli ordinamenti nazionali al fine di delineare una risposta investigativa comune, che possa fornire alle forze di polizia strumenti d’indagine ritenuti accettabili al di fuori dei confini nazionali ed alle autorità giudiziarie fonti di prova utilizzabili nel processo».
Infiltrazione e corruzione preferite alla violenza
«In continuità con i precedenti - continua il documento - anche il secondo semestre 2022 appare caratterizzato, con esclusione di taluni episodi cruenti registrati nel territorio napoletano e pugliese, da un limitato ricorso alla violenza o ad atti eclatanti anteposti, dagli stessi sodalizi mafiosi, ad una silente e più conveniente penetrazione del tessuto economico imprenditoriale. In linea col passato quindi, assieme alle mai sopite e più visibili attività criminali quali il narcotraffico, le estorsioni, lo sfruttamento della prostituzione e del lavoro clandestino, si registrano anche sempre più diffusi ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano ingenti profitti gradualmente immessi nei circuiti legali con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati».
Massimizzare la vigilanza su appalti e fondi pubblici
«Si tratta di 'modi operandi' dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree - si legge -, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e Pnrr)». «La soglia di vigilanza sugli appalti ed erogazioni pubbliche va massimizzata con un approccio adeguato ai tempi e superando l’idea che la criminalità organizzata sia confinata entro ristretti limiti nazionali». Nella relazione della Dia si sottolinea come sia ormai «indispensabile una conoscenza approfondita e condivisa del fenomeno criminale che sostenga le attività di contrasto, valorizzando le sinergie e le 'best practices"', almeno a livello europeo, coinvolgendo tutti gli attori della cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria. E’ ormai unanimemente riconosciuta la resilienza della criminalità organizzata e la capacità di saper cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni opportunità di profitto e realizzando una notevole espansione speculativa».
La criminalità organizzata forte ostacolo allo sviluppo del territorio
«La penetrazione delle organizzazioni criminali nei gangli dell’economia, i loro rapporti con settori inquinati della politica o esponenti infedeli della pubblica amministrazione, costituiscono un ostacolo allo sviluppo di un determinato territorio ed al progresso civile della sua popolazione. Le mafie rappresentano, cioè, un costante ed elevato pericolo poiché insidiano nel profondo la dignità dei singoli e le condivise regole collettive, minando alla base la democrazia, il mercato e la pacifica convivenza civile». Lo evidenzia la Dia avvertendo come le principali organizzazioni mafiose «dalle regioni di origine, si sono ormai radicate e diffuse nel territorio nazionale e all’estero, cioè ovunque vi fosse la possibilità di perseguire i propri affari illeciti, d’inserirsi nei circuiti legali dell’economia e, comunque, di trarre rapidi ed ingenti profitti, inquinando i relativi circuiti economico-finanziari. E’ ormai acclarato che tutte le organizzazioni criminali esercitano una perversa funzione economica e sociale, inserendosi soprattutto nei contesti di rilevante 'assistenzialismo' ove l’assenza di lavoro o di servizi generano nella popolazione stati di urgente bisogno. Le mafie, tuttavia, non si nutrono solo delle note manifestazioni di consenso collettivo; esse incarnano anche quella deviata e deviante 'cultura' fondata sull'esercizio sistematico dell’intimidazione e finanche della violenza, sulla confusa attribuzione di diritti e di favori che trasfigurano i cittadini in meri 'clientes', nel consueto e mai immutato intendimento di trarre ingenti e personali profitti con assoluta noncuranza e disinteresse sui sempre deleteri effetti del loro agire criminale».
Grave e crescente minaccia per la sicurezza degli Stati
Le organizzazioni criminali anche straniere sono «sempre più proiettate a valicare sistematicamente i confini nazionali, costituendo di conseguenza una grave e crescente minaccia per la sicurezza degli Stati, delle loro economie e dei diritti stessi dei cittadini». A lanciare l’allarme è la Direzione investigativa antimafia nella sua ultima Relazione semestrale. «Tali gruppi criminali organizzati, di matrice italiana o allogena, operano costantemente oltre i confini nazionali - si legge nel report - Diventa quindi irrinunciabile giungere a una conoscenza approfondita e condivisa del fenomeno criminale che sostenga tutte le attività di contrasto per valorizzare quelle sinergie e quelle best practices sinora acquisite, coinvolgendo, almeno a livello europeo, tutti gli attori della cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria». Dai dati analitici di Europol e delle principali agenzie di Law Enforcement, «è unanimemente riconosciuta la resilienza della criminalità organizzata e la spiccata capacità d’intercettare tutte le trasformazioni tecnologiche e quelle dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni possibile opportunità di profitto e realizzando una rilevante, progressiva espansione speculativa. Ormai da tempo, il denaro in forma elettronica viene movimentato dalla criminalità sempre più velocemente anche nei nuovi ambienti digitali, gli stessi in cui si scambiano anche oggetti ed opere d’arte NFT (Non Fungibile Token).
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