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Nuovi guai in vista per la Santanchè: la procura di Milano chiede il fallimento di Ki Group

Tra i creditori ci sono i dipendenti che non hanno ricevuto il Tfr. Come emerso dall'inchiesta di Report, Santanchè e l'ex compagno Mazzaro hanno ricevuto emolumenti per milioni di euro in qualità di componenti dei cda del gruppo che fa capo a Bioera

Non si spengono le polemiche attorno alla figura del ministro del Turismo Daniela Santanchè e ancora una volta il dibattito è concentrato sulle vicende legate alle sue imprese.

A darne notizia e Repubblica e il quotidiano romano punta i fari sulla Ki Group, la società del gruppo Bioera che nel 2014 ha visto entrare in maggioranza Santanchè e l’allora compagno Caio Mazzaro. Negli ultimi anni sono cresciute le difficoltà economiche dell'azienda, ma come riportato dall'inchiesta di Report - sebbene ancora oggi alcuni dipendenti non abbiano ricevuto il Tfr dopo essere stati licenziati e dei fornitori siano falliti per i mancati pagamenti - "sia Santanchè sia Mazzaro hanno ricevuto emolumenti per milioni di euro in qualità di componenti dei cda del gruppo che fa capo a Bioera".

La Santanchè aveva fornito rassicurazioni in aula a Palazzo Madama, ma la procura di Milano chiede il fallimento per tutto il gruppo. La Santanchè è già indagata per le vicende Visibilia, la sua società editrice e la procura anche qui ha bocciato ipotesi di risanamento e ampliato le indagini su una presunta truffa per cassa Covid. Sul concordato presentato da Ki Group la procura di Milano, continua Repubblica, adesso afferma: «Ad avviso degli scriventi non sono state rispettate le condizioni di accessibilità allo strumento del concordato semplificato. In particolare non viene fornita alcuna indicazione in ordine a una effettiva e completa interlocuzione con i creditori, al fine di raccogliere un eventuale consenso». Il risanamento di Ki Group sarebbe dovuto passare da un intervento pari a 1,6 milioni della capogruppo Bioera. Ma secondo la procura «non è prevista alcuna garanzia»: «La ricorrente non pare abbia fornito un’analisi dei costi e dei ricavi di gestione attesi dalla prosecuzione dell’attività di presa prevista dal piano di concordato, con il fine di evitare un detrimento dei creditori nelle more della dismissione dell’intero patrimonio aziendale».

E ancora, la Bioera, che dovrebbe salvare l’ex gioiellino del biologico italiano Ki Group è «gravata da una perdita di 5,3 milioni» nell’ultimo bilancio. E anche la società di revisione dichiara di non essere in grado di “esprimere un giudizio sui bilanci della società non avendo elementi probativi sufficienti ed appropriati su cui basare il proprio giudizio». Continua così la procura: «Essendo questa la situazione economica di Bioera, di cui questo ufficio chiede la liquidazione giudiziale, non si vede come la stessa possa farsi carico del peso economico del piano proposto da Ki Group. Gli scriventi pertanto concludono rilevando la manifesta inattitudine del piano proposto e la non fattibilità dello stesso con riguardo alle garanzie offerte per assicurare la liquidazione, in palese danno ed in frode ai creditori con conseguente pregiudizio aggravato dalla mancata comunicazione agli organi della procedura di importanti informazioni». Per questo i magistrati chiedono l’avvio della procedura fallimentare per tutte le società del gruppo, Bioera e Ki Group.

A chiamare in causa la Santanchè e anche Davide Carbone, avvocato dei dipendenti che attendono il pagamento del Tfr: «Il documento depositato dalla procura con richiesta di fallimento delle tre società rappresenta come le parole del ministro in Senato sul totale saldo dei creditori e degli stessi dipendenti ad oggi siano rimaste solo vane promesse: un esercizio sterile della lingua italiana. Di fatto il fallimento farà sì che i debiti verso i dipendenti verranno saldati dall'Inps e quindi dai cittadini italiani».

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