Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Sì allo sconto di pena per Alex Pompa: a 18 anni uccise il padre per difendere la madre

Alex Pompa

Una svolta per il processo a carico di Alex Pompa, il ragazzo che a 18 anni uccise a coltellate il padre violento per proteggere la madre, e per gli altri casi giudiziari di chi, vittima di maltrattamenti, ha reagito uccidendo il familiare da cui veniva perseguitato.

La Corte costituzionale fa cadere il divieto assoluto di diminuire la pena in presenza di circostanze attenuanti, introdotto nel 2019 dal Codice Rosso, dando ai giudici la possibilità di valutare caso per caso. Una norma che conduceva al risultato paradossale di trattare allo stesso modo i responsabili dei più efferati femminicidi e chi ha agito in un attimo di esasperazione dopo aver subito soprusi e violenze.

Saranno ora le Corti d’assise che stanno giudicando questi casi a stabilire se debba essere inflitto l’ergastolo, previsto in via generale per gli omicidi commessi nei confronti di un familiare , o una pena più mite , adeguata alla concreta gravità della condotta. Si tratta di una vittoria soprattutto per la Corte d’assise d’appello di Torino che aveva sollevato l’eccezione davanti alla Consulta sia in relazione al caso di Alex, sia con riferimento alla vicenda di Agostina Barbieri, che nel 2021 nell’alessandrino strangolò il marito dopo essere stata ancora una volta malmenata.

Esclusa la legittima difesa, entrambi gli imputati senza l’attenuante della provocazione e quelle generiche rischiavano una condanna a 14 anni, ma ora i giudici potranno scendere sotto quella soglia. C'è anche un terzo caso giudiziario su cui la sentenza avrà un impatto diretto.

Alla Consulta si era rivolta infatti anche la Corte d’assise di Cagliari che sta giudicando Paolo Randaccio, che nel 2021 uccise la moglie in un momento di esasperazione provocato dai comportamenti aggressivi della vittima, alcolista e affetta da patologie psichiatriche. La norma dichiarata incostituzionale è l 'ultimo comma dell’articolo 577 del codice penale, che vietava al giudice di dichiarare prevalenti le due attenuanti rispetto all’aggravante dei rapporti familiari tra autore e vittima dell’omicidio.

Norma introdotta nell’ottica di reprimere in maniera più incisiva il fenomeno della violenza domestica. Ma che finiva per portare a infliggere pene eccessivamente severe e dunque sproporzionate in "situazioni in cui è il soggetto che ha subito per anni comportamenti aggressivi a compiere l’atto omicida, per effetto di una improvvisa perdita di autocontrollo causata dalla serie innumerevole di prevaricazioni cui era stato sottoposto» ,come scrive la Consulta nella sentenza n.197 (redattore il giudice Francesco Viganò).

Di qui l’incostituzionalità per violazione dei principi di parità di trattamento di fronte alla legge, di proporzionalità e individualizzazione della pena sanciti dagli articoli 3 e 27 della Costituzione. Una pronuncia che, sottolineano gli stessi giudici, «non si pone in contrasto con la finalità complessiva perseguita dal legislatore del 2019 di rafforzare la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, ma semplicemente evita che dalla legge n. 69 del 2019 discenda un effetto collaterale incongruo». Della sentenza prende atto Giulia Bongiorno, autrice con l'allora Guardasigilli Bonafede del Codice Rosso: lo scopo del legislatore, ricorda però, «era evitare uno svuotamento delle sanzioni per fatti connotati da un elevato disvalore».

Caricamento commenti

Commenta la notizia