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Caso Sgarbi, l'Antitrust avvia un'istruttoria. Ma il sottosegretario alla Cultura attacca: "Felicissimo dell'indagine, ma esercito diritto d'autore"

E annuncia: «Partirà il mio contrattacco non appena la polizia postale avrà individuato la persona che ha mandato la lettera anonima» alla stampa

L’Antitrust ha deciso: dopo le segnalazioni arrivate dal ministero della Cultura sulle possibili incompatibilità delle attività, per lo più di conferenziere, di Vittorio Sgarbi con il suo ruolo nel governo, ha aperto un’istruttoria. Il Garante approfondirà la questione per valutare l’esistenza di possibili condotte illecite in violazione di quanto previsto dalla legge in materia di attività incompatibili con la titolarità di una carica di governo. Il procedimento aperto dall’Autorità dovrà concludersi entro il 15 febbraio 2024.

Ma il critico d’arte resiste. «Sono felicissimo dell’avvio dell’istruttoria dell’Antitrust» con cui si chiarirà che «le mie attività sono un esercizio legittimo del diritto d’autore». E annuncia: «Partirà il mio contrattacco non appena la polizia postale avrà individuato la persona che ha mandato la lettera anonima» alla stampa. Dalla delibera con cui l’Agcm ha avviato l’istruttoria filtrano però già delle indicazioni. «Dalle prime evidenze emergono elementi dai quali si evince che le attività» del sottosegretario Sgarbi segnalate dal ministero della Cultura all’Antitrust «siano state effettivamente prestate» e come tali potrebbero quindi «porsi in contrasto» con quanto previsto dalla legge Frattini che dispone norme in tema di conflitto di interessi, scrive il Garante della Concorrenza nella delibera. L'articolo della legge Frattini citato dall’Antitrust per possibile violazione dispone che un titolare di cariche di governo, nello svolgimento del proprio incarico, non possa "esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati». Inoltre, dice la legge, «in ragione di tali attività il titolare di cariche di governo può percepire unicamente i proventi per le prestazioni svolte prima dell’assunzione della carica; inoltre, non può ricoprire cariche o uffici, o svolgere altre funzioni comunque denominate, né compiere atti di gestione in associazioni o società tra professionisti». E il Garante nella delibera considera che «le attività oggetto di segnalazione, se confermate, appaiono connesse con la carica di governo, nonché svolte in maniera né marginale, né occasionale, potendo porsi in contrasto con la norma» citata. Per Sgarbi tuttavia il suo caso non rientrerebbe in questa fattispecie. «La legge dice che il titolare della carica di governo 'nello svolgimento del proprio incarico, non può esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governò. E che il conflitto sorge quando 'chi adotta un atto di governo o omette un atto dovuto compie quella scelta perché comporta un effetto specifico e preferenziale sulla sua sfera patrimoniale o su quella di un parente, con danno per l’interesse pubblicò. Sfido chiunque a trovare un atto da me firmato, anche solo una lettera, con la quale io abbia potuto agevolare miei interessi». Non solo. Secondo Sgarbi sarebbe «regolare un qualsiasi mio intervento riconducibile al diritto d’autore». Tanto più perché si tratta di un diritto che richiama direttamente «all’articolo 21 della Costituzione che garantisce la libertà di espressione». Quanto poi al diritto d’autore che Sgarbi invoca come ombrello che lo protegge dalle accuse di incompatibilità, il sottosegretario fa appello al cosiddetto «diritto secondario», che viene dopo il diritto primario che riguarda la stampa del libro, ed in particolare il diritto «theatrical» vale a dire il diritto di mettere in scena una propria opera o di cedere ad altri il diritto di farlo. Secondo i legali di Sgarbi tutte le presentazioni da lui fatte nell’ultimo anno, da quando cioè è stato incaricato nel governo, sono tratte da suoi libri. «E scrivere libri non è vietato, l’ha fatto pure Sangiuliano» dice Sgarbi che ne deduce quindi che se non è vietato scrivere libri non è vietato neppure «metterli in scena».

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