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In fuga verso la Svizzera per non pagare 500mila euro di tasse. Non contento, chiede il reddito di cittadinanza

Un 38enne residente in provincia di Bergamo è stato condannato in via definitiva per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. L’uomo, secondo le indagini e la sentenza, ha cercato di portare in Svizzera oro e contanti per evitare che fossero «aggredibili» dall’erario italiano e, tra l’altro, ha cercato di ottenere il reddito di cittadinanza. La vicenda ha avuto inizio in pieno lockdown, nel maggio del 2020, quando i finanzieri di Como hanno fermato una Mercedes diretta in Svizzera. A bordo c'era il 38enne, già noto alle forze di polizia, che aveva con sé 5mila euro in banconote da 50 e un lingotto di oro puro di 100 grammi, del valore di circa 6mila euro.

L’uomo aveva cercato di giustificare i contanti dicendo che li avrebbe giocati poco dopo al casinò di Campione d’Italia ma secondo la Guardia di Finanza - che con una serie di controlli era riuscita a verificare che l’uomo doveva 363mila euro per imposte mai pagate, poi diventati quasi 500mila nei due anni del processo - lo scopo del viaggio era un altro: esportare oro e valuta per evitare che in Italia il fisco, visto il debito pregresso, ci potesse mettere le mani. La prima contestazione al 38enne e i primi sospetti dei finanzieri sulle sue intenzioni sono nati dal fatto che in quel periodo i casinò erano tutti chiusi proprio a causa dei limiti imposti dalla pandemia. Così è scattata l’accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e il lingotto e il denaro sono stati sequestrati.

Nel processo di primo grado a Como e nell’appello a Milano l’imputato è stato condannato a un anno di reclusione. Nella sentenza, il giudice di Como aveva evidenziato come "l'assenza di altri beni aggredibili in Italia» intestati o riconducibili all’imputato «consente ragionevolmente di ritenere che il trasferimento all’estero di valuta e oro fosse finalizzato a rendere inefficace la procedura di riscossione» da parte dell’erario. Soprattutto a fronte del fatto che «i connotati fraudolenti dell’azione devono rinvenirsi anche nella giustificazione palesemente pretestuosa fornita dall’imputato agli operanti». La Cassazione ha reso definitiva la condanna. Prima della sentenza e durante gli accertamenti, gli investigatori hanno scoperto che il 38enne aveva formalizzato la richiesta di accesso al reddito di cittadinanza.

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