«E' mio figlio, comunque lo rivedrò». Lo aveva detto, disperato e sotto choc, due settimane fa Nicola Turetta quando Filippo era stato arrestato in Germania, mentre neanche ventiquattro ore prima il corpo senza vita di Giulia Cecchettin era stato trovato in fondo ad una scarpata in Friuli.
Il padre e la madre hanno scelto assieme di «non abbandonarlo» quel ragazzo che fino a meno di un mese fa consideravano «un figlio perfetto» e che si è dimostrato capace di compiere un femminicidio atroce, non fermandosi nemmeno di fronte agli strenui tentativi di difesa della 22enne che ha lottato per mezz'ora per salvarsi, invano, la vita.
Oggi la coppia è andata ad incontrarlo nel carcere di Verona, dove è detenuto da otto giorni e dopo che mercoledì scorso il gip di Venezia Benedetta Vitolo aveva dato l’autorizzazione alla visita, saltata perché né il giovane né i genitori erano ancora psicologicamente pronti.
Nicola Turetta ed Elisabetta Martini sono entrati nell’istituto penitenziario stamattina poco dopo le 12 e sono rimasti a colloquio col figlio circa un’ora.
«Grazie per essere venuti da me», avrebbe detto lui che, sin da quando era stato estradato in Italia, continuava a chiedere di poterli vedere. Hanno pianto, si sono abbracciati e l’ex studente di ingegneria biomedica - stesso corso che frequentava Giulia, che era ad un passo dalla laurea - ha ripetuto parole già usate davanti ai magistrati: «Devo pagare tutto fino alla fine, ho fatto qualcosa di terribile, ho perso la testa, ma non volevo e so che non potrete mai perdonarmi».
I due genitori mai si sarebbero immaginati nella vita questa prova: stare vicino ad un figlio che non ha esitato ad infliggere più di venti coltellate a quella ragazza che anche loro conoscevano bene. Hanno lasciato il carcere in lacrime, ringraziando gli agenti della polizia penitenziaria per il loro lavoro di custodia, e hanno promesso al figlio che torneranno. Intanto le indagini procedono: Gli inquirenti ritengono esaustivo l’interrogatorio di nove ore reso da Turetta due giorni fa.
Non ne sono stati programmati altri per ora, anche se non è escluso che, nelle indagini del pm di Venezia Andrea Petroni e dei carabinieri, ci possa essere la necessità di risentirlo. Il 21enne ha sostenuto di aver «perso la testa" quella sera dell’11 novembre di fronte a Giulia che gli aveva ribadito che non c'era spazio per riallacciare una relazione e che doveva smetterla di seguirla e ricattarla psicologicamente. Lui ha detto che era «ossessionato» da lei.
«La volevo solo per me e non accettavo la fine della storia», avrebbe messo a verbale. «Non volevo ucciderla, mi è scattato qualcosa», ha ripetuto, mettendo di fatto sul piatto elementi che per la difesa significano, da un lato, cercare di escludere la premeditazione e, dall’altro, sollevare il tema di un ipotetico vizio di mente. Oltre ad insinuare pure dubbi sull'intenzionalità dell’omicidio, già comunque accertata dal gip, senza ricorsi al Riesame.
Con la premeditazione o altre aggravanti come la crudeltà o i motivi abietti la pena massima per Turetta passerebbe da 30 anni, ossia quella delle imputazioni attuali, all’ergastolo e non avrebbe così la possibilità di chiedere il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo. Ora uno dei punti dell’indagine, su cui sono in corso approfondimenti, riguarda luogo e momento in cui Turetta ha sferrato la coltellata mortale all’arteria basilare, nella parte posteriore del collo.
Ovvero se l’abbia fatto mentre Giulia scappava, verso le 23.40 a Fossò, quando poi cadde sbattendo la testa sul marciapiede o all’interno dell’auto nei dieci minuti successivi, dopo averla caricata nella macchina.
Dalle immagini delle telecamere acquisite e dai primi esiti dell’autopsia non si possono ancora avere certezze. Decisive su questo punto saranno anche le analisi del Ris di Parma sulla Fiat Grande Punto nera ancora in Germania e che non sarà riportata in Italia prima del 10 dicembre. Oggi è stato chiarito, infine, che non è possibile ancora sapere se il telefono trovato all’interno dell’auto sia di Turetta o di Giulia fino a che non sarà a disposizione degli investigatori, assieme alla macchina e al resto degli oggetti sequestrati.
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