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Fnsi contro la "legge bavaglio", "Mattarella non firmi". Giornalisti in rivolta

Associazioni di rappresentanza dei giornalisti pronte alla battaglia sulla norma che vieta la pubblicazione «integrale o per estratto» del testo delle ordinanze di custodia cautelare fino alla conclusione delle indagini preliminari o all’udienza preliminare.

Dopo le proteste dell’opposizione, sono oggi Federazione Nazionale della Stampa e Ordine dei Giornalisti ad alzare la voce contro quello che definiscono «un bavaglio» nei confronti della stampa, invitando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a non firmare la legge. Il provvedimento non è stato ancora approvato in via definitiva dal Parlamento. Ieri è arrivato, dopo una riformulazione del governo che aveva espresso parere contrario al testo iniziale, il sì dell’Aula della Camera all’emendamento di Enrico Costa di Azione alla legge di delegazione europea che introduce il divieto.

La misura, oltre che dalla maggioranza, è stata votata da Iv e Azione tra le proteste del resto dell’opposizione. Oggi la legge è stata approvata a Montecitorio e passa quindi al Senato per il via libera finale.

«Chiediamo fin d’ora al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di non firmare una legge che potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti», afferma Alessandra Costante, segretaria della Fnsi, annunciando la decisione di disertare la conferenza stampa di fine anno della premier Meloni, poi rinviata al 28 dicembre per lo stato influenzale della presidente del Consiglio, e di convocare per domani una giunta straordinaria per organizzare «la mobilitazione della categoria, assieme alla società civile, contro il nuovo bavaglio al diritto di cronaca».

«Il divieto di pubblicare anche solo "stralci" delle ordinanze di custodia cautelare non ha nulla a che vedere con il principio di presunzione di innocenza, ma costituisce una pesante limitazione del diritto di cronaca», rincara la dose l'Ordine dei giornalisti. Dopo la manifestazione dei giorni scorsi a Roma, sono stati i giornalisti liguri a mobilitarsi oggi, presentandosi con la bocca coperta in segno di protesta in un flash mob a Genova.

Pronta la replica del firmatario dell’emendamento. «La Fnsi dichiarando che 'è pericolosissimo che non si sappia se una persona viene arrestata o menò dimostra di non aver neanche letto l’emendamento approvato, in cui non c'è nessun divieto di dare la notizia degli arresti, né di riportare il contenuto dell’atto - afferma Costa -. Si vieta invece la riproduzione dell’atto processuale, spesso di centinaia di pagine zeppe di testi di intercettazioni, prima ancora che l’indagato abbia potuto difendersi».

Anche altri esponenti della maggioranza difendono la norma, sostenendo che l’obiettivo è solo evitare la gogna mediatica. Non la pensa così l’opposizione. Secondo Sandro Ruotolo, responsabile informazione del Pd, «l'informazione nel nostro Paese è meno libera», perché si nega «all’opinione pubblica il diritto di essere informata su temi come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia».

«L'informazione è un dovere di chi lavora in quel campo ma anche un diritto di tutti - sottolineano i parlamentari M5S in commissione Giustizia alla Camera -. Così il governo Meloni e la sua maggioranza allargata ad Azione e Italia Viva ancora una volta dimostrano qual è la loro unica agenda in materia di giustizia: nascondere o lasciare impunite le malefatte della borghesia mafiosa, dei corrotti, dei comitati d’affari».

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